Categorie: CulturaLetteratura

Aldo Nove e la cartina al tornasole

Con Woobinda (1996, Castelvecchi) e Anteprima mondiale (2016, La nave di Teseo), Aldo Nove realizza immagini di mostri letterari: personaggi saturi di violenze senza scopo apparente, personaggi che si danno una ragione di esistere riducendosi a paladini degli oggetti che possiedono.
Insomma, i personaggi di Nove col passare del tempo sono diventati sempre più simili a noi – o noi a loro.

La colpa è altrove

La passione viscerale e l’altissima concezione che Nove ha della letteratura vengono alla luce non appena ci soffermiamo ad analizzare i protagonisti dei suoi romanzi. Si tratta di personaggi disturbati e disturbanti, la cui autonomia sfiora i limiti dell’autogenerazione, fino a dare l’impressione del distacco estremo dall’autore. Quando parlano, lo fanno solo per celebrare gli oggetti, strategia con la quale tentano di ignorare la miseria della propria esistenza.
Incapaci di introspezione, urlano che la colpa del loro disagio è sempre altrove e dimora in quel mondo che si accende quando la televisione si spegne. L’accusa li autorizza a riversare nella realtà tutta la violenza coltivata nel mondo della finzione. Ahimè, direbbe osservandoli lo Zarathustra di Nietzsche, giunge il tempo del più spregevole tra gli uomini, che non sa più disprezzare se stesso.

Questa violenza, che c’è in giro, la vedi dappertutto, in ogni film si corrono dietro con la macchina, a volte la macchina esplode, quelli che erano dentro escono in strada completamente insanguinati. […] Sono film che non vogliono dire niente, dicono solo parole e poi si spogliano. Le parole che dicono sono quelle che indicano le parti del corpo che dopo si vedono, che non è giusto vedere, ho buttato giù il televisore dalla finestra, per questo mi hanno multato, da allora mio figlio è diventato scemo.
[“Tantissima acqua e un po’ di sangue”, Woobinda]

Sguazzare nel nulla scintillante

Con Woobinda, Nove lascia intendere che la sua generazione è succube di un gigantesco Freddie Krueger imbonitore, incubo a metà, che con un artiglio procura ferite e con l’altra mano applica cerotti. E se le ferite vengono procurate dai programmi della tv spazzatura, le pubblicità ininterrotte assumono il ruolo dei nuovi desideri-cerotti, usati per tamponare l’emorragia di valori iniziata negli edonistici anni ’80. Nove non si limita a descrivere una situazione, ma ci inocula anche una domanda: quanto vuoto eccedente si porta appresso un desiderio indotto?
Woobinda espone in modo grottesco l’orrore delle perversioni quotidiane raccogliendo i racconti in serie di lotti – esattamente come si fa con qualunque merce all’ingrosso – che non lasciano scampo (un incipit su tutti: “Ho ammazzato i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo, Pure & Vegetal”), mentre la scrittura di Anteprima mondiale è meno estrema e tuttavia più disillusa. A distanza di vent’anni i nuovi personaggi sono cresciuti, e le perversioni affrontate in precedenza accadono realmente. È questa la tragedia, è qui che Nove evidenzia la nostra mostruosità: sono crollate le distanze fra i protagonisti-mostri e i lettori, la repulsione è diventata complicità. Quei personaggi siamo noi.

Jihadi John comprese che era oramai giunto al suo Paradiso.
Si fece esplodere.
Con lui esplose Po.
Con lui esplose Laa-Laa.
Con lui esplose Dipsy.
Esplose Tinky Winky.

Esplodemmo tutti noi.
[“La strage di Teletubbylandia”, Anteprima mondiale]

Nel caso in esame, come nella maggior parte degli episodi di Anteprima mondiale, la finzione letteraria prende spunto dalla realtà (secondo Nicholas Henin, uno dei ex-prigionieri dello Stato islamico, il boia dell’Isis Jihadi John era solito guardare i Teletubbies prima delle esecuzioni), a dimostrazione che i cerotti hanno solo coperto il pus, ma non hanno impedito il dilagare dell’infezione.
Il livello di alienazione raccontato supera di molto la condizione di espropriazione di sé che può avere come causa la noia. I personaggi sguazzano nel niente, nel nulla scintillante, i loro idoli sono stati sostituiti da altri più socialmente ammissibili: sulla scatola di Neocibalgina si è dissolto l’arcobaleno.

In attesa

Se con Woobinda i personaggi mostravano le crepe sui muri della società, in Anteprima mondiale una porzione consistente della casa è crollata, e i personaggi hanno scoperto nient’altro che nuovi muri con nuove crepe. Anche in questa occasione, Nove lascia che siano i personaggi stessi a prestarci i loro occhi di testimoni, spettatori della catastrofe ritratta in copertina.

Se da anni stiamo fingendo di giocare un gioco finito, prenderne atto è lo scandalo necessario. Perché giochiamo a che non c’è più scandalo.
Voltando la faccia altrove.
Ma altrove inizia a erodersi.

Non tutto è perduto, però: pur asciugando al sole la miseria dei personaggi ingobbiti da quel nulla che si portano appresso, Nove offre l’immagine della discesa come di un male necessario, poiché l’Anteprima mondiale è destinata ad andare in scena, giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, per riempire l’attesa del nuovo spettacolo. E a noi sembra di sentire sovrapporsi come un rumore ineliminabile ancora e sempre l’esortazione di Zarathustra: è tempo che l’uomo definisca il suo scopo. È tempo che l’uomo pianti il seme della sua più alta speranza.

 

Luca Pegoraro

Luca Pegoraro

Editor e ideatore della linea editoriale Jeet Write Do. In attesa della frase perduta e di dare il la alla Ballata della Rivoluzione letteraria, gratto la superficie delle parole. Email: lucaskywriter@gmail.com

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Luca Pegoraro

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