Dimenticati nel cassetto: “La linea d’ombra” di Joseph Conrad
“Riconoscendo le orme di chi ci ha preceduto, si va avanti eccitati e divertiti, accogliendo insieme la buona e la cattiva sorte […]. Già, si va avanti;[…] finché dinnanzi si scorge una linea d’ombra che ci avvisa che la […] prima giovinezza deve essere lasciata indietro”.
Ma che cos’è – in effetti – questa linea d’ombra? Quante volte ce lo siamo chiesti, e poi abbiamo creduto di comprenderlo, finché ce ne siamo dimenticati e ce lo siamo domandati ancora e ancora, senza – forse – trovare più una risposta?
Il passaggio all’età adulta
La linea d’ombra di Joseph Conrad è un vero e proprio romanzo di formazione. Comincia in un punto, si districa – magistralmente – in una apparente bonaccia e si conclude ben più in là, lontano, con uno scatto esistenziale del protagonista. Dalle ingenuità e spericolatezze della giovinezza fino alla consapevolezza dell’età adulta, per così dire. Raccontato in uno stile marinaresco, non si lascia però imbrigliare nella narrativa di genere avventuroso, conservandone soltanto l’aspetto simbolico. Il viaggio come la prova da superare, le avversità della navigazione come gli ostacoli della vita. Ma nel romanzo c’è molto di più. Infatti, la linea d’ombra del titolo non è forse quel confine indefinibile che segna il passaggio dalle fantasie della fanciullezza alla presa di coscienza della realtà che si dimostra di aver raggiunto solo con la rassegnazione dell’età adulta?
Conrad ci narra di un giovane capitano che, dopo alcuni mesi trascorsi su una nave mercantile, decide di abbandonare la vita di mare per tornarsene in città. Sbarcato a Singapore, ormai annoiato dalla placida vita di terra, riceve l’offerta che non può rifiutare: il comando di una nave, la grande occasione della vita. Cambia idea, ovviamente. E ricomincia il suo viaggio. Quello di ognuno di noi. Il viaggio che ci porta al limite, conducendoci di fronte alla nostra linea d’ombra. Al passaggio rituale verso la maturità. Perché La linea d’ombra è allo stesso tempo la descrizione di un’esperienza personale e l’esperienza universale della condizione umana.
Ulisse e l’eterno ritorno
Ma la bellezza della linea d’ombra è che non si tratta di una semplice barriera, di un limite invalicabile, bensì di una specie di frontiera. Uno spazio che separa il passato dal futuro, il caos dall’ordine, i dubbi dalla realtà. È un tentativo di superamento dei propri limiti. Non è una linea netta, ma una linea indefinibile – d’ombra, per l’appunto – un graduale passaggio dal bianco al nero, dove non esiste un punto di demarcazione, ma il momento del superamento lo decidiamo noi stessi.
Un ulteriore aspetto d’interesse del viaggio è la sua circolarità. Come la navigazione comincia e finisce nello stesso punto, così è l’eterno ritorno di Ulisse, di Rilke, di Kavafis. È l’eterno viaggiare. È il senso ultimo dell’esperienza umana. Itaca, il ritorno a casa, ma senza essere più quelli di prima. Solo allora siamo pronti alla vita e – allo stesso tempo – alla morte. Perché finalmente abbiamo compreso il motivo delle nostre azioni. E come la bonaccia di Ulisse nel canto delle sirene, così anche per il capitano di Conrad la mancanza di vento è più insidiosa della tempesta. Si rimane fermi, soli con i propri problemi e le proprie responsabilità. Ed è il momento perfetto della riflessione.
La prima e la seconda giovinezza
Perché non diventiamo subito chi siamo e ci imbattiamo in sentieri che ci fanno deviare dalla via maestra e ci lasciano nello sconforto, abbandonati sul ciglio della confusione? Perché abbiamo attimi di sconforto e crediamo di non farcela a superare gli ostacoli che la vita ci mette di fronte? “Solo i giovani hanno di questi momenti. Non parlo dei giovanissimi. No. I giovanissimi, per essere esatti, non hanno momenti. È privilegio della prima gioventù vivere in anticipo sui propri giorni, in tutta una bella continuità di speranze che non conosce pause né introspezione” dice Conrad. “Ogni svolta del sentiero ha le sue seduzioni. E non perché sia una terra inesplorata. Sappiamo fin troppo bene che tutti gli uomini sono passati di qui”. Ma poi arriva il momento in cui tutti gli uomini siamo noi. Davanti agli occhi abbiamo una linea d’ombra. A quel punto, la nostra fanciullezza è conclusa e ci apprestiamo ad un mutamento interiore.
Ho aperto il cassetto perché…
Mi ricordavo della bellissima atmosfera coloniale, pregna di tabacco, spezie, sudore. Delle precise descrizioni di viaggio, del mare, delle malattie tropicali. Talmente evocative che pareva di essere lì, con un cappello di paglia per riparasi dal sole, il profumo dell’olio di cocco e lo sciabordio delle onde. Ma soprattutto mi ricordavo delle splendide pagine nelle quali Conrad faceva cambiare rotta alla navigazione del romanzo, e da libro d’avventura trasformava Linea d’ombra in un concentrato ricco, elegante e tormentato di riflessioni sull’esistenza e sul significato del diventare adulti e dell’accettare le condizioni universali della vita.
“Un uomo deve saper affrontare la sua cattiva sorte, i suoi errori, la sua coscienza e tutto quel genere di cose. Cos’altro si dovrebbe combattere altrimenti?”
Se l’avete dimenticato nel cassetto, prendetelo in mano e apritelo alla prima pagina.
Anna Pietroboni