La parabola ascendente dello storytelling cinese: da vittime colpevoli a supereroi
Un Airbus A-350 si posa al suolo e rulla attraverso la pista notturna di un aeroporto quasi deserto. È il 12 marzo e siamo a Fiumicino. Le attività aeroportuali di tutta Italia sono quasi ferme a causa della paura, bloccate da un panico che si espande per lo stivale più velocemente del Coronavirus. La livrea dell’aeromobile mostra alcuni ideogrammi di colore rosso. Al suo interno, un’equipe di medici altamente specializzati e 31 tonnellate di materiale ospedaliero sono pronti a rafforzare il sistema sanitario italiano proprio nel momento in cui se ne sente più il bisogno come non mai.
L’aeromobile proviene dalla Cina, grande potenza messa in ginocchio dal Covid-19 e risorta con un mix di ingredienti sconosciuti alla maggior parte degli occidentali: severità, obbedienza, orgoglio e collettivismo. Come osservano gli antropologi, il bene individuale, in Cina, viene sempre dopo: prima c’è il bene collettivo, la cooperazione, l’armonia.
Il popolo cinese, piegato da un flagello sconosciuto, reagisce con la forza e la determinazione di una tigre ferita. A volte certe bestie mansuete nell’aspetto reagiscono con terribile veemenza se si sentono minacciate.
All’inizio si è detto di tutto, secondo il solito e ben collaudato copione xenofobo e ignorante: è un visus creato in laboratorio e sfuggito al controllo, è il segno dell’arretratezza incolmabile di chi vende serpenti e pipistrelli al mercato, è il prodotto dell’inganno di chi ha mentito sui numeri e sulla portata del problema. I media e social media hanno denigrato e hanno osservato con distacco, senza abbandonare l’occhio del sospetto che basta poco a tramutarsi in complottismo. E intanto la Cina costruiva ospedali dal nulla, in una corsa contro il tempo, lasciando esterrefatti i progettisti di mezzo mondo, perché già prevedeva quanti pazienti avrebbero dovuto abitarli. Pensare al futuro, prendersi cura di tutti: questo è un grande insegnamento.
Orientarsi sul lungo raggio
Il futuro, o meglio, l’orientamento a lungo termine (Long Term Orientation) fa sì che i cinesi guardino lontano, molto lontano. Lo ha studiato un antropologo e psicologo sociale olandese di nome Hofstede. L’Italia non si orienta male nel futuro, con i suoi 61 punti, ma la Cina fa un balzo nel futuro da valerle 87 punti su cento. E per farlo, deve pianificare, ponderare, uscire da qualsiasi ottica miope. Parafrasando un antico proverbio cinese, questo è un popolo che guarda al rumore della foresta che cresce nei decenni e nei secoli, piuttosto che prestare troppa attenzione a un singolo albero che cade oggi. E lo stesso vale per la muraglia cinese, che doveva sacrificare una generazione per salvarne mille.
Mostrare rispetto ricambiando il favore
Il tempo per i cinesi è qualcosa di preziosissimo e va guardato in prospettiva. C’è chi ha detto che oggi, nel 2020, la Cina voglia ricambiare all’Italia il favore che gli italiani fecero a Pechino nel lontano 1983 aiutando a costruire un importante centro medico nella capitale cinese. Non è inverosimile: quarant’anni per loro sono un soffio, ed eccoli quasi mezzo secolo dopo a immettere nei nostri ospedali tute, mascherine, protezioni, respiratori, e tanti altri beni che stavano diventando sempre più scarsi.
Prima dell’individuo viene il bene comune
Il gesto di solidarietà ci fa muovere verso un altro grande punto di forza dei cinesi: la grande dose di collettivismo. L’Italia, infetta dal virus del capitalismo senza freni e dell’edonismo, si guarda nello specchio della propria vanità facendosi assegnare 76 punti per il maggiore degli effetti collaterali, chiamato individualismo (Individualism). Noi siamo il paese dell’uomo che si fa da sé, e che a volte diventa pure Presidente del Consiglio; siamo il paese dell’imprenditoria, della creatività, del lusso, della dolce vita come modello invidiato e copiato in tutto il mondo. Abbiamo anticipato il Nazismo di oltre un decennio e Trump di vent’anni buoni. Siamo anche il paese dell’avanguardia, dunque, dove il genio primeggia come Leonardo da Vinci, Archimede, Caravaggio, Galilei, Brunelleschi. Come il Cristoforo Colombo di turno, che dall’oggi al domani può vantarsi dicendo: io ho scoperto l’America. La Cina, invece, non è un popolo dell’io; è un popolo del noi. La squadra vince o perde insieme. Non c’è un solista che primeggia, né un dipendente del mese da premiare: l’orchestra e l’azienda sono tutto, e si addossano le note stonate, oppure festeggiano i successi, ma sempre insieme.
L’individualismo della Cina si guadagna 20 miseri punti. Il luminare della medicina, il brillante docente di rianimazione cardiopolmonare, non parla alle telecamere per mettersi in mostra, ma castiga il proprio individualismo dietro una mascherina che lo rende irriconoscibile: quello che conta non è la sua faccia; sono gli occhi a mandorla, che spesso guardiamo con aria di superiorità quando paghiamo nei megastore di cianfrusaglie o mentre ordiniamo al ristorante cinese, ma che adesso contempliamo nella speranza che ci tirino fuori da questo incubo. Non capiamo tanta modestia, noi abituati alle star, ai microfoni e alle dirette social dei professoroni, che ci confondono senza mai mostrarsi d’accordo tra di loro.
Dal soft power alla solidarietà
E allora, torniamo all’immagine dell’aereo che atterra a Fiumicino. Arriva dal cielo, come la storia di ogni salvezza, dopo essere partito da un paese che ufficialmente è ateo ma che di spiritualità, fortezza e speranza ne ha da vendere. Arrivano come salvatori – titolo che si sono guadagnati sul campo, combattendo e vincendo da supereroi.
Dalla Cina ci portano le risorse materiali, i ventilatori polmonari, ma non solo quelli: ci portano conoscenza, esperienza e una larga dose di saggezza. Da mostri che hanno creato il virus, e da cattivi che lo hanno tenuto nascosto, ora sono diventati il personaggio positivo della novella, l’aiutante, quello che prepara le pozioni miracolose con l’aiuto dell’antica medicina cinese, o addirittura sono il deus ex machina che può cambiare le sorti di un protagonista caduto in un vicolo cieco. Mentre le altre nazioni cosiddette civili e sviluppate brancolano nel buio, sono smarrite, sottovalutano la situazione, o hanno deciso di sacrificare i vecchi e lasciarli morire di polmonite pur di non fare ammalare l’economia e la finanza, i cinesi tendono la mano all’Italia e all’Europa con un colpo di soft power da manuale (perfino l’aereo scelto per creare questo ponte è di fabbricazione rigorosamente europea), attirandosi la stima e le simpatie di chi non vuole sentirsi abbandonato. E mentre tendono la mano, chiariscono gli ultimi dubbi – semmai ce ne fossero ancora – su chi è veramente degno dell’appellativo di amico e dell’appellativo di superpotenza, superpotenza in grado di compattarsi e rispondere anche a un attacco biologico. Si chiudono ben volentieri gli occhi, allora, davanti a certi pigli autoritari, repressivi o di controllo sulla propria popolazione, inconcepibili per il vecchio continente che si fonda sui valori della filosofia greca di democrazia, intelletto, autodeterminazione della politica e della polis. Nessuno è perfetto, magari lo può divenire in seguito, e a quanto pare, di questi tempi, le restrizioni passano in secondo piano, dietro al bisogno di salute e solidarietà.
Giuseppe Raudino