Dare un nome alle vittime del Mediterraneo

Naufraghi senza volto (Raffaello Cortina Editore), è un’importante testimonianza di quanto sta accadendo, ed è accaduto, nel nostro Mediterraneo.

 L’autrice, Cristina Cattaneo, professore ordinario di Medicina Legale all’Università di Milano e direttore del LABANOF (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense), fino a qualche anno fa – tra le altre cose – si occupava del riconoscimento di corpi, o resti di corpi, trovati senza identità, per la polizia forense. Questo lavoro di “taglia-morti” – così ne parla l’autrice in un interessante paragrafo in cui evidenzia l’insita contraddizione di un lavoro svolto a stretto contatto con la morte e vissuto con passione e dedizione – assume però un nuovo valore quando sul tavolo della professoressa cominciano ad arrivare i morti dei naufragi avvenuti a largo delle coste italiane nel Mediterraneo. In particolare quelli del 3 ottobre del 2013 e del 18 aprile 2015.

L’inizio

I sistemi d’accoglienza per i viaggi illegittimi che si svolgono nei nostri mari sono per lo più orientati alla gestione dei vivi, sebbene esistano anche direttive atte alla gestione e riconoscimento di quelle persone che arrivano morte alla fine del loro viaggio. Nel 2013, a seguito della tragedia di Lampedusa, Cristina Cattaneo, insieme alla sua équipe, con l’aiuto delle istituzioni (dove possibile) e con fondi ridotti ha cominciato a stilare un archivio delle informazioni utili al riconoscimento dei cadaveri. Per far ciò è stata creata una banca dati che permette, attraverso la catalogazione di foto, oggetti, resti umani, e quant’altro, di effettuare un rapido confronto tra elementi antemortem (appartenenti a persone scomparse) e postmortem (appartenenti a persone decedute); così da poter risalire dall’incrocio dei dati a identità precise. Un lavoro capillare che da un lato richiede una certa meticolosità e dall’altro deve tenere conto del dolore di chi non sa se vivere nel lutto o sperare che il suo caro sia ancora vivo da qualche parte.

L’umanità in gioco

Cercare di dare un nome a questi morti e di restituirli ai loro cari andava a quanto pare oltre i doveri istituzionali dell’Unione Europea, e sicuramente non poteva rientrare nei compiti di un singolo paese che iniziava a sentire la pressione delle decine di migliaia di migranti vivi che arrivavano ogni mese e che necessitavano nell’immediato di cure, cibo e alloggio e, successivamente, di una gestione sociale di lungo periodo.

Restituire un’identità a quei cadaveri diventa, quindi, di fronte a insindacabili difficoltà, una questione di umanità; che va al di là degli impegni sociali, civili e politici di un paese e che deve imporsi – per alcuni a malincuore, per altri per necessità – di sottrarre ai vivi una parte delle forze imposte dall’emergenza.

L’attività svolta da Cristina Cattaneo, dai sui collaboratori e dai professionisti che la circondano, sulle vittime del Mediterraneo, da quel fatidico 3 ottobre ha permesso di riconoscere molti dei cadaveri restituiti dal mare, su altri prosegue la ricerca, e di altri ancora forse mai si saprà nulla. Ma, nonostante ciò, il suo Naufraghi senza volto è una straordinaria testimonianza di quanto sta accadendo nei nostri mari; e di quanta umanità si possa mettere in gioco nei momenti più bui.

Antonio Esposito

Antonio Esposito nasce a Napoli nel 1989. È laureato in Lettere e specializzato in Filologia moderna. Attualmente scrive racconti, pianifica romanzi e insegue progetti editoriali di vario genere. Da editor collabora con la casa editrice Alessandro Polidoro, dove dirige anche la collana dei Classici.

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