Al buio: un gioco prospettico
Al buio (Intermezzi, 2017) parla di un improvviso blackout avvenuto nel bel mezzo della festa di fine estate di Pignasco a cui le due voci narranti, Carlotta e Andrea, stavano partecipando. Ma non è l’evento ciò che dà forma al racconto, anzi, funge da semplice espediente per un abile gioco di inquadrature: la storia, infatti, viene doppiamente riportata dai suoi protagonisti, i quali forniscono due versioni differenti della medesima sera.
Le due avvertenze, poste rispettivamente all’inizio e alla fine del racconto, regalano al lettore una piacevole sensazione di partecipazione, fornendo delle informazioni fondamentali per chi legge e sta per entrare in questa piccola storia il cui corpo si snoda in due binari descrittivi diversi. Sembra un gioco, un sistema originale quanto semplice che permette agli scrittori di scavare nel proprio profondo. Attraverso la storia si interrogano le paure più immediate e inconfessate di una mente, costretta da un incidente inaspettato a sentirsi smarrita e a temere, non per se stessa, ma di perdere ciò che si è sempre saputo importante.
Procedendo con ordine, dopo la prima avvertenza compare quello che ha tutta l’aria di un estratto di cronaca in cui si parla di una disgrazia avvenuta durante un’interruzione di energia elettrica a una festa di paese dove uno sconosciuto ha perso la vita in circostanze misteriose. Poche righe capaci di proiettare il lettore nel pieno della vicenda senza mezzi termini, stimolandone la curiosità.
Segue la prima versione della storia, quella di Carlotta.
Di colpo ritorno quella ragazzina che nessuno notava, troppo anonima per competere in un mondo di modelle. Ricordo che mi guardavo allo specchio e cercavo i miei contorni, come se fossi un disegno che qualcuno si era dimenticato di terminare, una figura evanescente e incompleta.
Il brano raccontato dalla sua protagonista è estremamente dinamico, capace di descrivere emozioni contrastanti, dando la possibilità a chi legge di immedesimarsi e comprendere gli intrecci emotivi che conducono la scena. Una notevole leggerezza espressiva e una scrittura svelta e asciutta, abile a non perdersi mai in dettagli futili, caratterizza l’intera struttura. È decisiva, in queste poche pagine, la calibratura tra la rappresentazione dell’ambiente esterno – la festa, i dialoghi e l’incidente – e l’espressione di tutte le voci interiori della protagonista. La penna dell’autrice si districa senza alcuno sforzo apparente tra sensazioni, ricordi e flussi di coscienza, mescolati senza disordine agli eventi della serata. Ne scaturisce una fotografia nitida dell’intero spazio di interesse, protagonisti e personaggi inclusi. Spicca una trama disegnata con cura e mai pesante. Il finale è molto intenso e la sua descrizione fluida regala un’emozione sincera, mostrando negli atti finali una morale importante, senza alcuna pretenziosità. La capacità di raccontare i pensieri e le emozioni di un personaggio in rapidi tratti perfettamente bilanciati con lo svolgersi della situazione, avvalendosi di una scrittura semplice e snella, è la caratteristica fondamentale della buona riuscita di questo primo brano, quello che a un lettore appassionato difficilmente sfugge.
Subito dopo comincia la storia raccontata da Andrea.
Carlotta mi fulmina con lo sguardo. E sono abbastanza sicuro che potrebbe incenerirmi. Può sembrare abbastanza innocua, quasi dolce, ma basta grattare un po’ la superficie per capire che può renderti la vita impossibile. È come i gatti: un minuto prima sta lì, a fare le fusa. Un attimo dopo hai la pelle fatta a strisce e sangue.
Sicuramente la lettura di questo racconto stupisce per la sua diversità rispetto al resoconto precedente. Al di sopra di qualunque elemento narrativo sorprende senza dubbio il protagonista maschile, la cui figura appare del tutto inversa all’immagine dello stesso soggetto apparso nella prima storia. L’Andrea che in questo episodio parla in prima persona è ansioso e ipocondriaco, fragile. Si delinea, nel susseguirsi delle parole, un uomo insicuro ed estremamente attento alla sua compagna – dai suoi movimenti alle sue espressioni – le quali rappresentano per lui un continuo rebus da decifrare nel più breve tempo possibile, vittima di quella fame di conoscenza che solo un innamorato può comprendere. L’unico punto in comune con l’Andrea già incontrato è la gelosia, ma anche in questo caso l’entità e la rilevanza di tale caratteristica risultano palesemente diverse tra le due storie: nel primo episodio, infatti, la gelosia è un fattore molto importante che influisce e determina sia sulla natura dei dialoghi tra i due protagonisti sia nella dinamica stessa degli eventi; nel secondo brano, invece, questa compare, ma semplicemente come una ulteriore connotazione del protagonista, un altro tratto del carattere. Anche all’interno del racconto stesso, proseguendo il discorso sulla differenza caratteriale dei due Andrea, risulta facile notare come vi sia un forte differenza con la figura di Carlotta, che, contrariamente al secondo narratore, appare molto più salda e regolare. Tra le donne dei due episodi c’è, appunto, un forte equilibrio, grazie alla mancanza di rilevanti discrepanze. La Carlotta del secondo racconto mantiene inalterate le caratteristiche di quella già incontrata dal lettore: questo vengono semplicemente trasferite in un contesto narrativo dalle differenze, per quanto leggere, sostanziali nel loro insieme. Ovviamente è anche l’angolatura a cambiare, non trattandosi più della figura protagonista, ma del personaggio su cui l’interprete spende tutte le sue energie mentali ed emotive.
Il romanticismo risulta molto più forte nel finale del primo episodio rispetto a quello del secondo, in cui, più che rivelarsi, si cela. Nel secondo epilogo ciò a cui viene dato valore è il non detto e la serenità che può derivare da un comportamento discreto e opportunamente silenzioso, piuttosto che dalla verità con tutto il peso del suo impatto emozionale.
L’indizio conclusivo fornito al pubblico dagli autori attraverso la seconda e ultima avvertenza è un espediente che dona un ultimo tratto energetico al libro, strappando un sorriso a chi conclude con piacevolezza la lettura.
Così termina il racconto lungo di Carlotta Borasio e Andrea Malabaila. Un testo dall’intrattenimento semplice e originale, veloce, intenso e profondo, capace di far riflettere su quello che davvero conta a dispetto delle apparenze e delle dinamiche di coppia a volte artificiose e logoranti. Un trionfo dei sentimenti privo di inutili ampollosità e luoghi comuni.
Marcella Maria Caputo