Maschile singolare, l’intervista agli autori del film
Sarà in concorso all’Ortigia Film Festival (che si terrà dall’11 al 18 luglio), ma è disponibile dal 4 giugno su Prime video “Maschile singolare”, opera prima di Alessandro Guida e Matteo Pilati che in pochissimo tempo, grazie al passaparola, ha raccolto reazioni molto positive da parte del pubblico e della critica.
Il film narra la storia di un giovane uomo che, lasciato dal marito, è costretto a crearsi una nuova vita sentimentale e professionale. Al fianco del protagonista Giancarlo Commare (Skam Italia) in questa commedia agrodolce compaiono volti noti del piccolo schermo come Giannmarco Saurino (Doc, Che Dio ci aiuti) , Eduardo Valdarnini (Suburra-La serie) e Michela Giraud (gli show CCN e LOL).
Abbiamo avuto il piacere di intervistare gli autori: Alessandro Guida, regista e sceneggiatore, Matteo Pilati, regista e sceneggiatore e Giuseppe Paternò Raddusa, sceneggiatore.
1. Innanzitutto complimenti per il vostro film, capace di far sorridere e commuovere con una grazia e un’eleganza rare in un’opera prima indipendente. Mi sorge spontaneo dunque domandarvi come avete fatto a convincere i collaboratori e gli attori a prendere parte al vostro progetto.
ALESSANDRO: Per poter realizzare Maschile Singolare con poche risorse e solo tre settimane di riprese ho pensato fin da subito di coinvolgere professionisti di cui mi fido e che lavorano con me da anni sui set di spot, videoclip e cortometraggi. Conoscersi così bene ha aiutato molto sia in preparazione che sul set. Io credo che poi ognuno, accettando quella che all’inizio era una mission impossibile, abbia aggiunto davvero un pezzo importante alla resa del film.
MATTEO: Grazie mille. Il primo a convincere qualcun altro è stato Giuseppe, che il 3 marzo del 2019 mi ha scritto su Facebook Messenger dicendomi che aveva l’idea per una storia, che abbiamo sviluppato insieme. La prima stesura della sceneggiatura di Maschile Singolare ci è servita per coinvolgere nel progetto Alessandro, il quale ha portato una squadra di professionisti motivati e brillanti e ha presentato il progetto ad attori e agenti. Ma è stata soprattutto la storia che volevamo raccontare – e come intendevamo raccontarla – a convincere tutti.
2. Nei titoli di coda Alessandro elenca tutti i registi che lo hanno ispirato: ora vorrei sapere quali registi, film od opere letterarie vi hanno maggiormente ispirato durante la stesura della sceneggiatura e la realizzazione del film.
MATTEO: Da grande appassionato di cinema, non posso che citare alcuni dei miei autori preferiti, che ci siamo divertiti a citare: penso a Sydney Pollack, Ingmar Bergman, Woody Allen; ma anche Antonio Pietrangeli ed Ettore Scola. Ne La Visita, scritto da entrambi, il personaggio di Sandra Milo è alle prese con la ricerca dell’amore per corrispondenza: se ci pensiamo, non è molto diverso da quello che fa il protagonista del nostro film quando usa i social…
GIUSEPPE: Io invece sono un grande fan del cinema americano degli anni ’70, delle sceneggiature – e ovviamente delle regie – di Paul Mazursky ma anche dei film di Eric Rohmer, dei rapporti autentici che sviluppa tra i personaggi. E poi ho un pallino per la commedia americana anni ’80, tipo Una donna in carriera di Mike Nichols. In generale, è stato interessante rileggere alcuni stilemi della narrazione classica e affiancarli a una galleria di personaggi non eterosessuali, per far comprendere che una storia, se scritta bene, con tutti i crismi, può arrivare a un pubblico vastissimo.
3. Dirigere insieme o scrivere insieme: qual è più difficile?
ALESSANDRO: Montare insieme è la cosa più difficile. Perché sul set con Matteo quando avevamo visioni diverse riguardo una scena: decidevamo di girare due ciak – ognuno secondo la propria idea – per poi scegliere successivamente al montaggio quale inserire.
MATTEO: Sicuramente dirigere: il tempo è poco, occorre prendere delle scelte in fretta. Ci sono 50 persone che devono prepararsi e lavorare, c’è molta più responsabilità. Ma direi che, a parte più di un amichevole battibecco, il nostro “duetto” ha funzionato.
4. Prime Video così come lo conosciamo noi non esisteva ancora quando avete scritto la sceneggiatura, ma nell’arco di pochissimo tempo ha cambiato il mondo della produzione e della distribuzione, aiutando piccole opere italiane indipendenti a raggiungere un pubblico molto vasto in un modo fino a poco tempo impensabile. Che impatto avrà secondo voi sull’industria cinematografica questo nuovo modo di produrre, distribuire e vedere film?
ALESSANDRO: Le piattaforme hanno iniziato a investire in Italia o con la realizzazione di produzioni originali o con l’acquisizione di titoli a cui hanno regalato una vetrina importante accessibile ad un pubblico enorme. Quindi ritengo che sia un’ottima chance soprattutto per raccontare anche storie e generi che in sala o con la distribuzione classica avrebbero avuto meno spazio.
MATTEO: Alcuni distributori illuminati, come Mattia Cavanna di Adler Entertainment, hanno capito prima di altri l’importanza delle piattaforme, specie in un periodo difficile come sono stati gli ultimi due anni. Questo non vuol dire, secondo me, che le piattaforme sostituiranno la sala: spero saranno un nuovo canale e che i due modelli distributivi possano convivere. Certo, c’è da mettere a punto un sistema che possa funzionare per tutti.
5. Giugno è il mese del Pride: il periodo giusto per riflettere sui diritti e per riguardarsi quei titoli che meglio hanno rappresentato il mondo LGBT+, titoli che ci mostrano grandi drammi intrisi di sofferenze e menzogne. Nella vostra opera invece non c’è spazio per problemi di accettazione, drammatici coming-out e neppure omofobia, tant’è che il film inizia là dove la maggior parte dei film a tematica LGBT+ neppure si sognava di arrivare fino a un decennio fa: una coppia gay sposata. Rappresentare questa normalità, che è sicuramente uno dei tratti distintivi del film, è stato per voi una scelta spontanea o ragionata? O meglio: è il mondo che vedete o che vorreste?
MATTEO: Quella rappresentata nel film è la quotidianità di un piccolo gruppo di persone: non abbiamo mai avuto l’ambizione di rappresentare un’intera comunità così variegata come quella LGBT+. La quotidianità che vivono i protagonisti del nostro film è già realtà per i più fortunati di noi, ma non è così per tutti. Penso ai casi di cronaca di questi giorni, roba da far accapponare la pelle. Dobbiamo continuare a lottare e a manifestare pacificamente finché anche l’ultimo di noi non sarà davvero libero. Nel suo piccolo, Maschile Singolare – che racconta in maniera molto positiva la comunità LGBT+ – vuole offrire dei nuovi immaginari in cui riconoscersi e a cui aspirare, il che è – di fatto – la funzione principe del racconto, anche cinematografico.
GIUSEPPE: I personaggi di Maschile Singolare non devono dimostrare di essere persone valide “anche se” omosessuali, come spesso viene raccontato al cinema. Non ci sono segreti da nascondere e vivono dinamiche che – al cinema – vengono riservate quasi esclusivamente a personaggi eterosessuali. Non è un modo per alienarsi dalla realtà ma di mostrare un punto di vista inedito. A livello di rappresentazione abbiamo restituito a personaggi queer l’opportunità di vivere sullo schermo al di là del segreto, dell’accettazione, della paura di essere incompresi.
6. Ci saranno occasioni per vedere il film sul grande schermo?
ALESSANDRO: La visione in sala è qualcosa di incredibile. Vedere il film al festival Lovers a Torino con tante persone accanto che vivono il film insiem ridendo e commuovendosi è stata un’emozione unica.
MATTEO: Lo speriamo e ci stiamo lavorando…
7. Visto che il film ha emozionato tanto il pubblico, concludo domandandovi qual è il commento del pubblico che più vi ha più emozionato.
ALESSANDRO: Grazie a Instagram e Facebook ho ricevuto tanti complimenti e ringraziamenti. Il più bello è quello di una ragazza che dopo la visione del film mi ha detto che non ha più paura di essere single, perché ha capito che single non vuol dire essere soli: questo è quello che le ha trasmesso e lasciato Maschile Singolare
MATTEO: La prima recensione su Letterboxd, uscita non si sa come prima della scadenza dell’embargo. Parlava di “obbrobrio infame”, con “aggravante” poiché i protagonisti del film sono omosessuali. Prima di leggerla, mi chiedevo come avrei reagito di fronte alle recensioni negative riguardo al mio lavoro, se mi avrebbero potuto ferire o preoccupare. Dopo averla letta, mi sono fatto una grassa risata e l’ho inviata a tutti i miei amici: era una stroncatura ben scritta, ho capito il punto di vista del suo autore, anche se naturalmente non ne condivido il giudizio negativo.
GIUSEPPE: Io invece reagisco malissimo alle recensioni negative, anche se una stroncatura intelligente può aiutare il film e chi l’ha scritto e diretto a crescere. Sui social ci hanno scritto tantissime persone, interne ed esterne alla comunità LGBT+, ci hanno scritto in maniera autentica, genuina, toccate dai temi del racconto sentimentale di Antonio. Un giorno apro Messenger e trovo un messaggio della mia Preside del liceo, che mi ha scritto di essere rimasta colpita in positivo dal film. L’ho detto subito a tutti i miei amici.
Intervista a cura di Carlo Crotti