Cosa sta succedendo al cinema in Italia?

Non mi sarei mai aspettato di dover iniziare un articolo parlando di C’è ancora domani, e questo non perché non l’abbia apprezzato – che anzi, credetemi, dopo averlo visto più ci pensavo e più mi piaceva. È che penso che sia già stato scandagliato a sufficienza da cima a fondo, fino a farne un simbolo di resistenza (giusto) e rinascita (sbagliato). Ed è proprio per questo, in realtà, che non posso che aprire il discorso proprio da qui.

Al momento in cui scrivo, il film di Paola Cortellesi ha incassato 36.368.492, una cifra blu per il box office italiano, anche se fosse un qualunque film made in USA, e probabilmente quando questo pezzo sarà pubblicato i numeri saranno ancora più alti, e starà incassando persino mentre voi leggete. Con questi numeri qui, è diventato il titolo più remunerativo del 2023 (non senza fatica: Barbie gli ha tenuto testa), e in un attimo anche tante altre cose. Una fra tutte, e sopra tutte, l’immagine della resurrezione del cinema in Italia. Attenzione: non solo del cinema italiano, che già a dirla così sarebbe tanto, ma proprio del luogo “cinema” così come viene vissuto e frequentato nel nostro paese.

Il fatto è questo: un simile incasso vuol dire oltre cinque milioni di biglietti staccati. Ma, in altre parole, vuol dire pure che oltre cinque milioni di persone sono uscite di casa, sono andate al cinema e si sono sedute in poltrona per guardare lo stesso film. Non è poco, è vero: ma basta questo a dire che abbiamo riscoperto la magia della sala? Facciamo un esempio. Chiunque si ricorderà di un exploit analogo, neanche troppi anni fa, quando nel 2016 Perfetti sconosciuti divenne un caso impensabile. Certo, i numeri non furono gli stessi, dal momento che il film di Paolo Genovese fece circa la metà dei soldoni raccolti dalla Cortellesi, ma si vede benissimo che le due opere hanno qualcosa in comune (e non sto parlando di Valerio Mastandrea), e cioè non aver niente a che fare con i soliti campioni d’incassi.

Chiamateli pure come volete, film impegnati, film d’essai, quelli che piacciono alla critica, che stimolano una riflessione, che offrono un’interpretazione del mondo che stiamo vivendo: C’è ancora domani e Perfetti sconosciuti possono essere tutto questo, e senza essere dichiaratamente comici (né blockbuster, chiaramente). Aggiungeteci anche le distribuzioni all’estero, le proposte di remake, sempre dall’estero, e via dicendo.

Solo che Perfetti sconosciuti non cambiò proprio niente. Inutile dire che la pandemia abbia rovinato le cose, perché le cose non andavano già bene, e quindi viene piuttosto da pensare che abbia accelerato un processo già in corso. Il cinema in Italia arranca, quello di nostra produzione ma anche quello internazionale, a meno che non si tratti di quei blockbuster di cui sopra. Ci si vorrebbe davvero credere, quando si dice che C’è ancora domani abbia consentito al circuito cinema di trasformarsi di nuovo in fenice: è solo che mentre guardiamo i suoi incassi enormi, enormissimi, dovremmo far finta di non vedere che le sale continuano a chiudere. Oppure che, per esempio, tra i primi venti maggiori incassi dell’anno scorso non c’è un solo altro titolo italiano.

Quindi, ancora tutto male, tutto come prima, giusto? Insomma. Perché nel frattempo l’anno nuovo è iniziato e qualcosa pare essersi smosso sotto quella cenere. Ovvero, che i film protagonisti di questa stagione dei premi si sono presi non soltanto quelli, ma pure gli spettatori. Registi europei e asiatici, drammi introspettivi e opere in costume hanno insidiato il podio tradizionalmente conteso dagli hollywoodiani – ed è vero che questa è pur sempre, appunto, la stagione dei premi, in cui i cinema vengono invasi da quel fenomeno chiamato film d’autore, ma è altrettanto vero che se la sono vista con le ultime uscite dei vari Siani, Pieraccioni e De Luigi. Senza contare gli immancabili cinecomic, l’animazione e i film ad alto impatto visivo. Insomma, un momento caotico in cui al cinema è arrivato proprio di tutto, e perciò chi l’avrebbe mai detto che un Miyazaki o un Kaurismäki sarebbero andati oltre il milione?

E allora, venendo al punto, sarà forse merito di Paola Cortellesi? Sembrerebbe di no. Anche perché, se così fosse, i film italiani se la passerebbero meglio, e invece sembra che non abbia acceso nessun faro sui suoi colleghi (Emma Dante e Saverio Costanzo ne sanno qualcosa). Si direbbe, anzi, che abbia fatto di più il famoso Barbenheimer, se a uscirne vincitore da quest’inverno sarà il cinema straniero che passa ai festival e miete statuette. La domanda da porsi, forse, è proprio questa: se il 2023 possa considerarsi davvero l’anno della rinascita, al di là del solo C’è ancora domani. È davvero cambiato qualcosa nei gusti del pubblico italiano? Davvero stiamo tornando a considerare un altro tipo di cinema? Nessuno può saperlo con certezza.

Anche perché – siamo onesti – la controproposta nell’anno passato è stata davvero deludente, tra cinecomic sottotono, assenza dei supereroi storici in luogo di guerrieri senza tanto appeal (sorry Aquaman), operazioni di mercato ormai stanche e la Disney che sta perdendo la faccia con tutta la Marvel al seguito. Se l’intrattenimento di massa dovesse tornare alla riscossa, non è detto che i figli degli Oscar riescano a tenere botta. Né tantomeno che quest’anno ci riservi un’altra Cortellesi. Forse tra un po’, quando torneranno il caldo e l’estate, potremo già farci un’idea. Molto potrebbe dipendere anche da come sapremo giocarci la distribuzione e trattare i film più fragili. Nella peggiore delle ipotesi, ci ricorderemo di questi mesi come di una splendida parentesi. Da parte mia, però, spero in un altro finale.

Andrea Vitale

Andrea Vitale nasce a Napoli nel 1990. Frequenta il liceo classico A. Genovesi, e nel 2016 si laurea in Filologia moderna alla Federico II. Ama la musica e la nobile arte dei telefilm, ma il cinema è la sua vera passione. Qualunque cosa verrà in futuro, spera ci sia un film di mezzo. Magari, in giro per il mondo. Attualmente frequenta un Master in Cinema e Televisione.

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