Febbraio è il mese più crudele per un cinefilo

I primi due mesi dell’anno sono sempre molto densi per noi cinefili. Cioè per i frequentatori assidui della sala, di quelli attenti alle novità, ai titoli che circolano ai festival, ai film che si aggiudicano le statuette. Questi due mesi, infatti, ci portano nel pieno della stagione dei premi cinematografici, che comincia a dicembre con l’annuncio delle nomination ai Golden Globe e culmina nella notte più attesa dell’anno, quella degli Oscar che spazzano via tutto come l’epifania fa col Natale. Noi cinefili, però, non ci accontentiamo di leggere sul giornale il giorno dopo i nomi dei vincitori, ma vogliamo arrivare preparati all’evento. Un cinefilo che si rispetti avrà visto almeno l’ottanta per cento dei film candidati alle principali manifestazioni, lasciando fuori quelli per cui sarà costretto ad aspettare una data ancora da destinarsi. È qui che arriva, però, la vera sfida che noi cinefili dobbiamo affrontare, perché quei film, per la maggior parte, non vengono rilasciati gradualmente, ma compressi in un arco di tempo che coincide con la stessa stagione dei premi.

E se a gennaio nutriamo ancora l’illusione di potercela fare a rimontare, febbraio, invece, è il mese più crudele, perché ci costringe a fare i conti con l’amara realtà: e cioè che ormai agli Oscar mancano pochi giorni e tutti i film che avremmo voluto vedere restano un’utopia. Ma sarà colpa nostra?

Triangle of Sadness

Non so voi, ma io, che provo a mantenere lo status di cinefilo patentato per potermi dire quantomeno appassionato della settima arte, vivo gennaio e febbraio con una certa apprensione. Quello che dovrebbe essere il periodo più interessante dell’anno, ricco di novità, di eventi e di red carpet, diventa un vero e proprio tour de force. Ogni giorno c’è un film da vedere per mettersi in pari. Il problema sta nel fatto che a questo gioco non si può giocare se non con l’avvento delle festività natalizie, perché moltissimi film non escono prima dell’inverno, e questa strategia si sta rilevando sempre più odiosa. È pur vero che i distributori preferiscono sguinzagliare i loro cavalli più forti a ridosso della stagione dei premi affinché restino impressi nella memoria di chi vota – un film rilasciato a marzo ha meno chance di essere candidato rispetto a uno distribuito a settembre.
Al tempo stesso, un film che arrivi in sala a gennaio o a febbraio può giovare del ritorno d’immagine delle nomination ottenute, in un momento in cui la partita è ancora calda e l’attenzione degli spettatori si presume sia al massimo. Ma questo meccanismo rischia invece di ripercuotersi negativamente proprio sulle sale e sull’affluenza del pubblico.

Faccio un esempio: dei dieci film candidati all’Oscar principale quest’anno, quattro sono stati distribuiti tra dicembre e febbraio, mentre altri tre sono usciti a ottobre. Se poi consideriamo il novero dei film che abbiano ottenuto almeno una nomination, esclusi i documentari, sono ben 22 (su un totale di 34) quelli distribuiti nel periodo che va da ottobre a febbraio – cioè nell’arco di soli cinque mesi! – mentre tre non hanno ancora una data d’uscita. Passi per quelli che arrivano dalla Mostra di Venezia, conclusasi solo a settembre, ma che senso ha far slittare a ottobre un film come Triangle of Sadness presentato al Festival di Cannes a maggio?

E non è mica finita qui. La crudeltà non sta solo nel concentrare tutta questa offerta in un lasso di tempo piuttosto ristretto, ma nel sovraccaricarla ulteriormente con opere che avrebbero potuto aspettare. Sempre a titolo di esempio, dall’inizio dell’anno a oggi sono approdati al cinema un cinecomic Marvel, Ant-Man and the Wasp: Quantumania, un horror firmato da M. Night Shyamalan, Bussano alla porta, e una pletora di commedie italiane trainate da Tramite amicizia di Alessandro Siani e dall’ultimo film del duo Me contro Te: tutti titoli di enorme richiamo e che rischiano non solo di confondere e disorientare, ma anche di oscurare il resto delle uscite in cartellone nella stagione più cinefila dell’anno.
Va a finire che un’opera candidata all’Oscar per il miglior film internazionale come The Quiet Girl, che già arriva in Italia a un anno dalla sua presentazione al Festival di Berlino 2022 (un anno!), venga addirittura programmata in un numero di sale che si contano sulle dita di una mano: due sole in Campania, una in tutta la Liguria, una pure in Sicilia… Questa abbuffata cinematografica cui ci sottopongono somiglia infine a uno di quei giochi a eliminazione in cui chi perde paga la sconfitta con la vita, come se fosse un massacro, una guerra al più forte.

The Quiet Girl

A farne le spese sono le stesse produzioni, che potrebbero spalmare le uscite su tutto l’anno, anche in quei mesi in cui la proposta è meno ricca e variegata; ma siamo anche noi spettatori, che per ogni buon film che riusciamo a goderci, ce ne sono circa altri cinque che ci perdiamo, senza praticamente alcuna speranza di riuscire a recuperarli prima che sia troppo tardi. E così continuiamo a partecipare a questa spietata mattanza con l’unica speranza di superare indenni la notte degli Oscar, dandoci una pacca sulla spalla se almeno siamo riusciti a vedere per tempo il trionfatore assoluto. Quest’anno, dicono che potrebbe essere Everything Everywhere All at Once, che da qualche parte è di nuovo in programmazione, nel caso in cui voleste correre ai ripari. Comunque vada, dopo il 12 marzo potremo tirare un sospiro di sollievo e tornare ad annoiarci fino al prossimo autunno.

Andrea Vitale

Andrea Vitale nasce a Napoli nel 1990. Frequenta il liceo classico A. Genovesi, e nel 2016 si laurea in Filologia moderna alla Federico II. Ama la musica e la nobile arte dei telefilm, ma il cinema è la sua vera passione. Qualunque cosa verrà in futuro, spera ci sia un film di mezzo. Magari, in giro per il mondo. Attualmente frequenta un Master in Cinema e Televisione.

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