Noi, orfani di MTV

Salve, mi presento: mi chiamo Andrea e non guardo MTV da un anno. Cioè da quando si è tenuta l’ultima cerimonia degli MTV Europe Music Awards lo scorso novembre. È l’ultimo brandello che mi rimane di quel sogno, l’unica volta in questi dodici, insulsi mesi di tivvù in cui mi ricordo dell’esistenza di MTV, di quello che è stato e che ancora poteva essere. Negli altri trecentosessantaquattro giorni, l’oblio. Continuo a chiedermi se da qualche parte vengano ancora immessi i suoi segnali nell’etere o se siano stati definitivamente soppressi. E non venite a dirmi che MTV esiste ancora, su qualche canale in chissà quale piattaforma, perché per me è morta molti anni fa e tutti noi siamo rimasti orfani.

La nascita di un mito

Per chi non se lo ricordasse, MTV Italia ha aperto i battenti il settembre 1997, con la messa in onda di un concerto dei Nirvana di quattr’anni prima. Beato chi c’era. In realtà, MTV esisteva già da oltre un decennio, negli Stati Uniti, dove nel 1981 inaugurò le trasmissioni con il celebre Video Killed the Radio Star dei Buggles; sulla presunta profeticità di questa canzone torneremo tra poco, per verificare quanto effettivamente sia stata profetica. Di lì a poco, in Europa sarebbe arrivata la prima, mastodontica delocalizzazione della rete, MTV Europe – era il 1987 – con segnale e programmazione unici per tutto il continente. Ci sarebbe voluto ancora qualche anno perché fosse visibile anche in Italia, grazie ad alcune reti locali che accolsero MTV nei propri palinsesti, ma solo per poche ore al giorno, intervallando le consuete televendite coi nuovi e sgargianti videoclip. E siamo al 1991. Passano quattro anni, e la musica per immagini conquista uno spazio ancora più grosso: merito di Telepiù, la prima azienda italiana di pay tv, ormai defunta anch’essa, che ospita su uno dei suoi canali ore e ore di MTV Europe. Altri due anni e apre finalmente MTV Italia, poco dopo l’inaugurazione dell’equivalente britannica e in anticipo su quella francese.

MTV e la musica per immagini

Il primo ricordo che io ho di MTV è di una giornata di malattia trascorsa in salotto davanti alla tv, coi videoclip che passavano a ripetizione: c’era Frozen di Madonna, Believe di Cher e Outside di George Michael. Era il 1998, io ero ancora un bambino e già i dati in mio possesso suggerivano che, nella comparazione tra MTV e gli altri, era MTV a vincere. La motivazione più superficiale è rintracciabile proprio in ciò che era sotto gli occhi di tutti: la musica da quel momento si poteva anche vedere. E non erano semplicemente registrazioni di performance live o montaggi di filmati d’archivio, era qualcosa di completamente fresco e diverso. Era nato il videoclip, un nuovo modo di raccontare le canzoni attraverso un accompagnamento visuale, che col tempo sarebbe arrivato a livelli sempre più alti. La seconda ragione, invece, stava nel tipo di musica che MTV proponeva.

MTV e il suo pubblico

Ho un altro ricordo legato a MTV, che risale al 2003: Bring Me to Life degli Evanescence era appena stata rilasciata e non era ancora diventata popolare nelle radio nostrane. Fu proprio su MTV che la sentii per la prima volta, e da quel momento ogni giorno tornavo da scuola e accendevo la tv nell’attesa di ascoltarla ancora. MTV non soltanto aveva istituito un rapporto privilegiato con la popular music, la musica cosiddetta commerciale, da classifica, ma aveva anche orientato la propria programmazione verso un target ben preciso: gli adolescenti. MTV riusciva a individuare la musica che noi teenager avremmo cantato, comprato e ballato alle feste prima che noi stessi potessimo saperlo.

Questo conduceva a una selezione che si allargava ben oltre la musica radiofonica ospitata dalle altre emittenti (televisive e non) e che arrivava a includere generi come l’hip-hop, l’R&B, il grunge e il punk. Generi che io stesso ho imparato a coltivare negli anni e a cui, probabilmente, sarei forse insensibile se la mia educazione musicale non fosse prima passata di lì. Insomma, in quale altra cornice avrebbero trovato spazio in quegli anni artisti come i System of a Down, i White Stripes, i Chemical Brothers, Missy Elliott e Snoop Dogg? Insomma, la scelta di aprire le danze con un concerto dei Nirvana non era mica stata casuale.

Le Spice Girls agli MTV Europe Music Awards del 1997

L’inizio della fine

Arriviamo al 2005. L’anno della fondazione di YouTube coincide con l’insorgere di una minaccia all’orizzonte. MTV tiene testa ancora per un po’ – dopotutto le novità hanno sempre bisogno di tempo per prendere piede e per giunta, sembrerà strano a dirsi adesso, internet sarebbe diventato facilmente accessibile solo nel giro di qualche anno. Entro la fine del decennio, comunque, appare evidente la sconfitta: la musica stava diventando reperibile da chiunque e in qualunque momento, e da qui in poi non si sarebbe più tornati indietro. Chi avrebbe avuto voglia di starsene davanti alla tv ad aspettare che passassero le proprie canzoni, quando nuovi, incredibili strumenti le rendevano disponibili a qualunque ora del giorno e della notte?

Probabilmente, è stato proprio l’eccesso di reperibilità a rendere obsoleti anche i videoclip nel giro di una manciata d’anni. Le più recenti piattaforme di musica in streaming come Spotify hanno cancellato anche il primato di YouTube, e nell’era dell’immediatezza non c’è più tempo per soffermarsi sui videoclip. Fatto curioso, se consideriamo che la nostra è pure l’era delle immagini, e che la comunicazione visiva ha preso il sopravvento su quella verbale. Ma chi è che guarda ancora i videoclip al giorno d’oggi? Quanti di voi, all’uscita di una nuova canzone, vanno a cercare il video su YouTube piuttosto che accedere a Spotify? Sta a vedere che alla fine i Buggles si sbagliavano e il video non ha ucciso proprio un bel niente. In uno scenario del genere, è naturale che MTV abbia aggiornato la sua programmazione, con una massiccia introduzione di serie tv e l’aumento di reality provenienti da oltreoceano. Quel che è meno comprensibile è perché a un certo punto abbia cessato del tutto di rinnovarsi.

MTV e la sua famiglia

Per quelli come me che sono cresciuti a pane e videoclip, l’MTV degli anni Dieci non era già più quella che conoscevamo. I programmi musicali erano stati aboliti, i volti storici erano migrati altrove e l’impronta locale e nazionale stava progressivamente sparendo. MTV Italia si stava muovendo in direzione contraria al principio che, all’inizio, aveva voluto la ripartizione dall’unica MTV in tante reti caratterizzate nazionalmente. Gli show pensati espressamente per il pubblico italiano stavano scomparendo, con un colpo finale inferto alla sua identità e alla capacità di aggregazione – che poi è dove risiede l’altro motivo per cui si voleva così bene a MTV.

La serie d’animazione Daria

Se MTV fosse stato solamente un contenitore per video musicali, forse ce ne saremmo stancati prima ancora dell’avvento di internet e di YouTube. Nelle sue stesse ambizioni di rivolgersi a un pubblico giovane, MTV non operava soltanto una scelta sull’offerta musicale, ma inaugurò un linguaggio televisivo sconosciuto e rivoluzionario. I videoclip erano una grossa fetta della torta, certo, ma inseriti comunque in un flusso continuo di immagini, di suoni, di sollecitazioni e sostanze che non c’erano altrove. Nessun altro canale si avvaleva di presentatori così anagraficamente vicini a noi. Nessun altro sapeva quanto fosse liberatorio osservare degli stunt cimentarsi in imprese tanto pericolose quanto ridicole. Nessuno mostrava altrettanto spudoratamente le macchie di sperma sulle lenzuola di una camera da letto. Nessuno esibiva l’ironia imbecille e allucinata di una famiglia di manichini in pose statiche o di un paio di testicoli ballonzolanti.

Un pubblico senza più tv

Soprattutto, nessun altro canale nel panorama televisivo italiano aveva un palinsesto fatto interamente da ragazzi che parlassero ad altri ragazzi: cioè a noi. Che fosse un reality, un makeover, un comedy show o una serie tv, i giovani erano sempre i protagonisti. MTV entrava nelle palestre, nei campi di calcio, nelle scuole e persino nelle case per raccontarci di una striscia di Italia che coincideva con il suo pubblico. E lo faceva attraverso volti giovani, quei vj senza equivalenti che vestivano sbarazzini, indossavano piercing al naso e si facevano i dread ai capelli, che parlavano fluentemente l’inglese e spigliatamente l’italiano. È così che è riuscito a creare una comunità nazionale e un brand che esprimeva prima di tutto appartenenza. MTV parlava una lingua nuova, e noi la capivamo.
La sua unicità non dipendeva unicamente dalla musica, da quella grossa emme che era appena un terzo del suo nome. No, MTV era anche Daria, Jersey Shore, Loveline, Celebrity Deathmatch, I soliti idioti, Scrubs, That ‘70s Show, Gli Osbourne, Beavis & Butthead, Dismissed, The Hills, Little Britain: tutti programmi che non avevano nulla a che vedere con la musica. Perciò spesso mi chiedo se non avrebbe potuto rigenerarsi ancora, rimestare dentro al suo bagaglio e tirare fuori una nuova veste, anziché chiuderlo per sempre, lasciando un’eredità che nessuno finora ha provato a raccogliere e tutti noi orfani di una televisione che non esiste più.

Andrea Vitale

Andrea Vitale nasce a Napoli nel 1990. Frequenta il liceo classico A. Genovesi, e nel 2016 si laurea in Filologia moderna alla Federico II. Ama la musica e la nobile arte dei telefilm, ma il cinema è la sua vera passione. Qualunque cosa verrà in futuro, spera ci sia un film di mezzo. Magari, in giro per il mondo. Attualmente frequenta un Master in Cinema e Televisione.

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