Cosa ne pensiamo del nuovo Batman

Gli studiosi e gli amanti del racconto nelle sue varie entità conoscono bene l’importanza dell’incipit. Specialmente in un film: le immagini iniziali hanno il compito di mettere in chiaro fin da subito come stanno le cose. O, per meglio dire, che cosa stiamo guardando. Da questo punto di vista, l’incipit di The Batman di Matt Reeves è esemplare, poiché annuncia senza mezzi termini di che stoffa è fatto il film. C’è una città, Gotham City, dove il crimine la fa – come sempre – da padrone. Orde di malviventi derubano, assaltano le istituzioni, aggrediscono per malsano piacere, loro e altrui. E c’è un uomo – l’eroe che tutti stanno aspettando – che non ci sta a rintanarsi in casa quando cala il sole. Anzi, è proprio quando il sole va via che lui entra in azione.

The Batman, il nuovo noir metropolitano

È lo scenario tipico del noir metropolitano, di quello che trova in L.A. Confidential, libro e film, una esemplare codificazione. La città non è indifferente alle vicende dei suoi abitanti, ma contribuisce a plasmarle. È una città, in questi casi, in cui la violenza, l’ingiustizia e la corruzione permeano ogni singola via del suo reticolato, e il nemico da combattere si identifica con ogni possibile ceto e categoria sociale. Sono i politici, gli uomini d’affari, le forze dell’ordine, supercattivi di oggi e domani, mafiosi, galeotti, pericolosi estremisti e civili esaltati. E gli uni costituiscono le vittime degli altri, quando queste non siano rappresentate dai semplici cittadini. Una massa contro l’altra. In altre parole, la città che insorge contro sé stessa, combatte i suoi figli e li divora.

Reeves ridisegna il suo Batman nei confini del genere noir, affidandogli il voice over che sulle scene iniziali introduce una vicenda che non è solo privata. La questione riguarda tutti. Grazie a dio ci risparmia il prologo sulle origini del supereroe, di cui negli ultimi anni sembra che non si possa fare a meno. Oramai siamo talmente imbevuti di cultura popolare da riconoscere subito un supereoe quando ne vediamo uno. Sappiamo quali sono i suoi simboli e le sue nemesi, e abbiamo abbastanza reminiscenze cinematografiche e televisive da poter ricostruire le circostanze che l’hanno reso orfano. Dunque, andiamo avanti, grazie.

The Batman: di cosa parla

Questo Batman riparte dall’incontro con l’Enigmista, altra figura chiave delle storie di Gotham. Eroe e antieroe si incontrano quando il sindaco viene assassinato e sul luogo del delitto viene rinvenuto un messaggio per Batman. Il primo cittadino è soltanto la prima di una lista di vittime che include tutti i vertici della città. Quella dell’Enigmista è una missione purificatrice allo scopo di risanare una metropoli infestata da una virulenta piaga morale. In un rovesciamento di significato, aspira a mettere in atto un radicale rinnovamento, diverso da quello promosso dalla classe politica e mai attuato: il suo ideale propugna una sostituzione violenta che potrebbe anche culminare in una strage. Difatti, se Batman è sulle orme dell’Enigmista, questi invece è contro tutta la città. In mezzo ci finiscono una cosca mafiosa avvinghiata alla polizia del paese, intrighi criminali e una talpa da scovare. Una costruzione narrativa da noir, appunto, con tanto di impianto thrilleristico che potrebbe farci dimenticare che stiamo guardando un film tratto da un fumetto.

Tra un thriller e il cinecomic

Soprattutto, potrebbe farci dimenticare che siamo in territorio di cinecomic. Ecco, allora, che accanto a tutti questi plot e subplot si inserisce pure la vicenda privata – anzi, due, perché una è quella di una Catwoman in ascesa e della sua rivalsa personale, e un’altra riguarda invece il miliardario Bruce Wayne. Perché l’Enigmista sceglie di indirizzare i suoi messaggi proprio a Batman? Forse perché le loro infanzie si assomigliano, e la ricostruzione dei loro passati porterà a un percorso di agnizioni e ridiscussioni del proprio passato.

In un film in cui il villain di turno punisce le sue vittime in quanto truffatori e smascherare la verità diventa tanto un obiettivo quanto un tormentone, scoprire chi si nasconde dietro un costume è quasi irrilevante. Ciò che interessa davvero è capire chi è il cattivo – o meglio, chi sarà più cattivo degli altri, giacché in quest’ammasso di degenerazione sembra non si salvi quasi nessuno. Ma quel che è davvero più importante è risolvere i propri drammi.

Questioni private e vendette personali

Come sarà anche per Catwoman, per il nostro Bruce si avvicina l’ora di affrontare il fantasma (o il demone) del padre. Dopotutto, i cinecomic hanno le loro regole, e quindi non vuoi che pure Batman sia legato ai suoi nemici da ragioni particolari? O che non abbia uno scheletro dell’armadio di cui non si fosse ancora accorto? Lungi dal fare della psicologia spicciola, alla fine è sempre tutto una questione personale (e familiare). Ecco, pertanto, che i grandi desideri di giustizia altro non sono che enormi vendette private. Anche Batman, in fondo, è diventato quello che è per riparare al torto dell’omicidio dei suoi genitori. E la vendetta è uno dei concetti cardine di questo film.

I tanti volti di Batman

È così che Selina Kyle chiama Batman: vendetta. Ed è così che anche lui, in una battuta già celebre, definisce sé stesso. Il supereroe più tormentato dell’universo DC ha molteplici nomi e identità in queste nuove vesti, uno dei quali è oscurità. Batman emerge dalle ombre in più di un’occasione, si confonde con il buio, in un film che fa dell’uso delle luci, e specialmente della loro assenza, il suo marchio di fabbrica. D’altronde l’uomo pipistrello è un animale notturno, e allora non è un caso che in tutta la vicenda ci siano appena una o due scene ambientate di giorno. È quanto mai sorprendente, perciò, che uno dei simboli di Batman, il suo emblema più famoso, sia un segnale luminoso che fende le tenebre notturne.

Una metropoli piccola e infima

Lo stesso segnale che si contrappone alle ombre dei bassifondi. Se la dicotomia luce – buio sussiste solo in netto vantaggio del secondo, così le zone basse della città sovrastano incredibilmente su quelle alte. I vagoni della metropolitana, i tunnel, il nascondiglio di Batman, i club segreti nascosti all’interno di altri locali superblindati: nonostante i grattacieli ci dicano che questa è senz’altro una metropoli, non c’è spazio per loro in questa storia. Anche nelle stanze del potere, nelle case della gente che conta, la vista esclude tutto ciò che c’è fuori. Persino quando sono per strada, sembra che i personaggi siano sempre sovrastati da qualche ponte. Come già era in Joker, l’architettura è estremamente importante per definire l’universo narrativo di questo Batman.

Le case sono bugigattoli, sovraffollate, incasinate. Della villa di Bruce Wayne si scorgono appena un paio di ambienti, come se fosse un appartamento come un altro. Pure quando compare qualche veduta panoramica della città, ne restiamo angosciati, soffocati. È soltanto un modo in più per dirci che qualche pericolo incombe su di lei, o che più probabilmente sarà lei a schiacciarci tutti. Non c’è via di scampo in superficie, nemmeno nei luoghi delle istituzioni, quelli sacri, deputati ad accogliere e proteggere la cittadinanza, e che invece vengono profanati e beffeggiati. È una città claustrofobica, questa, fortemente caratterizzata, come e più di ogni altro personaggio, che porta all’ennesima potenza la definizione di città nel noir. A dimostrazione che, ancora una volta, la storia di Batman è inscindibile da Gotham City.

Andrea Vitale

Andrea Vitale nasce a Napoli nel 1990. Frequenta il liceo classico A. Genovesi, e nel 2016 si laurea in Filologia moderna alla Federico II. Ama la musica e la nobile arte dei telefilm, ma il cinema è la sua vera passione. Qualunque cosa verrà in futuro, spera ci sia un film di mezzo. Magari, in giro per il mondo. Attualmente frequenta un Master in Cinema e Televisione.

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