Racconto: Una lacrima sola, una soltanto – Giovanna Daddi

Racconto Milleuno
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La prima volta non si dimentica, intendo la prima volta che vedi piangere qualcuno. E la prima volta in cui vidi piangere lei fu un gran colpo. Davanti alla tomba di sua madre, stesso cimitero in cui era sepolto mio fratello. Stessa fila, in terra, io portavo dei fiori, era passato molto tempo dall’ultima volta in cui qualcuno li aveva cambiati. Feci tutto quello che dovevo, con gesti precisi e attenti, non volevo disturbare nessuno, tantomeno mio fratello che, ne sono certo, dormiva della grossa. Alla faccenda della morte non ci ho mai creduto davvero: era sempre stato uno bravo con gli scherzi, andava forte in quel campo. E sapevo dentro di me che quello era il suo scherzo da maestro, un po’ come il Bacco o la Canestra di Caravaggio, avete presente? L’opera assoluta, il Clavicembalo ben temperato, Life on Mars, Something, I quattrocento colpi. Per mio fratello il capolavoro era stato quello: morire di indigestione fulminante su una funivia in cima alla Gran Risa. E mi aveva anche lasciato solo, i nostri genitori erano morti anni prima.

Lei invece non aveva l’aria di pensare che sua madre scherzasse, no davvero: aveva l’aria di una persona convinta che sua madre fosse davvero morta e sepolta. E in effetti, nonostante la mia tendenza a rendere tutto deplorevolmente comico, aveva ragione lei. Sì, sua madre era sicuramente morta, mica come quell’idiota di mio fratello.

Sto divagando però, adesso arrivo al punto: lei aveva cambiato i fiori, esattamente come me, e stava in piedi a guardare la foto della madre. Fin qui potevamo sembrare uguali, due monadi indistinte dallo stesso comportamento sociale, anche se lei era bella, sottile, elegante e piena di grazia e io ero un tantino stazzonato e già calvo (sto esagerando, avevo ancora i capelli, ma il fatto di averne trovati ben tre quella mattina sul cuscino mi aveva già fatto capire che il mio destino era segnato). Ma lei riuscì a fare qualcosa che ho visto fare solo ai santi, in quei dipinti piccoli piccoli che mia nonna teneva disseminati per casa: lei riuscì a versare una lacrima sola, una soltanto. Non due o tre, una.

Mi innamorai subito, all’istante. Capii che era la donna della mia vita. E già immaginavo i nostri figli, due, un maschio e una femmina, uno somigliante a me, quindi calvo e vestito male, e una somigliante a lei, bellissima e dolce e composta. Ma entrambi ugualmente dotati dello stesso superpotere ereditato dalla madre: piangenti con una sola lacrima. Una sola per volta, beninteso.

Tecnicamente forse non potremmo dire neanche che piangesse: una lacrima sola, una soltanto, è come una gemma di resina che esce dalla corteccia, luccicante e umida sul tronco, attaccata alla feritoia, e solo il tempo la fa sciogliere, oppure cristallizzare.

Pensai che la mia futura moglie potesse essere una creatura soprannaturale, o provenire direttamente dalla preistoria: gemmava resine restando elegante.

Fu solo grazie a quella visione, e al fatto che non riuscii a trovare una scusa plausibile per attaccare discorso, che iniziai ad andare al cimitero di continuo. Mio fratello sarebbe stato sorpreso di vedermi ogni giorno, non andavamo molto d’accordo in verità: diversi, molto diversi. Lui un perfetto gentleman da Ivy League, io più un barbone da bancone da bar. Ma eravamo comunque consanguinei. Il custode del cimitero si stupì e mi chiese chi fossi, «Il fratello di questo dormiglione qua», gli risposi, indicando la faccia sorridente e bionda di mio fratello, con la sua cravatta a righe. Il custode mi guardò male e se ne andò scuotendo la testa. Meglio, così potevo darmi un tono mentre aspettavo mia moglie e pensare a un approccio efficace.

Arrivò dopo pochi minuti, con fiori freschi e profumati. Io non ne avevo portati, per pura dimenticanza, ma fu quella dimenticanza a rivelarsi la scusa perfetta per attaccare discorso. Fingendo costernazione mi avvicinai piano e dissi «Buongiorno signorina, mi scusi se la disturbo. Vengo spesso qui a trovare mio fratello» indicai la tomba del narcolettico «e oggi, non so come, ho dimenticato i fiori». Finsi anche un accenno di commozione. «Sarebbe così gentile da darmene un po’ dei suoi? Ovviamente glieli ricomprerò domani».

Lei voltò la testa e mi guardò chiaramente stupita, ma essendo di animo gentile non esitò a rispondere «Certo, ecco a lei, prenda quelli che preferisce, io ne ho molti. E non si preoccupi, sono certa che domani non se li scorderà» disse accennando un sorriso di rassicurazione, come a intendere queste cose succedono quando si è distrutti dal dolore, perché si diventa distratti eccetera.

Anche la sua voce era celestiale. Non ebbi il coraggio di guardarla diritta in faccia nel momento dello scambio dei fiori, ma adesso potevo sbirciare il suo viso, di sbieco. E di nuovo il miracolo dei santi si palesò: versò una lacrima, e una soltanto.

Me ne andai dal cimitero salutandola a bassa voce.

Il giorno dopo tornai ad aspettarla di nuovo e di nuovo arrivò. Di nuovo pianse una lacrima sola e io, senza alcun ritegno, le dissi «Signorina, mi sono permesso di ricomprarle i fiori, spero le piacciano».

La futura madre dei miei figli mi ringraziò, tirò fuori un fazzoletto di stoffa e si asciugò l’occhio. A quel punto non ressi più «senta, non so neppure il suo nome ma lei è bellissima e piange una lacrima sola, solo i santi lo fanno!»

Lei tirò su la testa e guardandomi con il fazzoletto in mano, semplicemente, mi disse: «Ho la congiuntivite sa, e non passa. Stia attento che pare sia molto contagiosa», le venne da ridere «come vede di santo non ho nulla, ma grazie per avermi fatta ridere. Arrivederci, a domani».

Non ci sarà un domani, pensai, la nostra storia finisce qua. Dovresti essere parente di mio fratello, te lo meriteresti. Dovremmo scambiarci le tombe. E ho persino pensato di fare dei figli con te.

Me ne andai lanciando i crisantemi contro mio fratello e piansi un po’. Ma non fu una lacrima sola e una soltanto. Quello riesce solo ai santi.


Giovanna Daddi, fiorentina, classe 77. Si è laureata in Lettere e lavora all’Università. Da qualche anno scrive racconti. Alcuni sono stati pubblicati in raccolte (Il fiume in un racconto, Edizioni Clichy, Donne Capovolte, ed. Le Lettere) e su riviste on line (fra cui: Verde, L’Irrequieto, Nazione Indiana, Malgrado le mosche, Micorrize, Narrandom, Donne Difettose). Nel 2021 è stata tra i quindici finalisti al Premio Zeno, sezione racconti brevi. Dal 2017 è nella redazione della rivista/blog Il Mondo o Niente, per la quale scrive recensioni narrative di musica, libri e serie tv.

Grado Zero è una rivista culturale online, nata dall’incontro di menti giovani. Si occupa di cultura e contemporaneità, con particolare attenzione al mondo della letteratura e del cinema.

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