Ermeneutica del porno. Su “Annette” di Marco Malvestio

Annette (Wojtek, 2021) di Marco Malvestio è un romanzo-saggio incentrato su Annette Schwarz, «pornostar tedesca attiva dal 2002 al 2014». Attraverso una prosa meditativa e sillogistica, l’autore costruisce un’opera-indagine, in cui il protagonista – innamorato perdutamente di Annette – è insieme il Cercatore e l’Esegeta.

Sparizione e oscenità

Cominciamo col dire che Annette è un romanzo ermeneutico. Con questo intendo che si tratta di un romanzo costruito “al contrario”: non trae tanto linfa da ciò che si vede, da una scena, bensì da ciò che manca e che il protagonista cerca di ricostruire, scoprire, interpretare. Annette non potrebbe sussistere, infatti, se non come sottrazione: è il suo completo ritiro dalle scene a fare da miccia al racconto, e l’azione che ne deriva – quella del giovane Marco, ossessionato dall’attrice – non è altro che lo sforzo sovrumano di superare questa sottrazione (o meglio, di affondarci dentro: ci torno più avanti). Marco compie così una vera e propria investigazione: cataloga, intervista, cerca documenti, prove e tutto ciò che possa contribuire a ricostruire l’“oggetto del desiderio” (espressione che, non a caso, appare fin dalla prima riga del romanzo).

Ma intrecciata all’azione del Marco-personaggio c’è quella del Marco-autore (volutamente sovrapposti, lungo il libro, con indizi e depistaggi che non lasciano mai capire davvero cosa sia autobiografico e cosa no), che si propone di studiare l’incidenza della pornografia nel nostro mondo, la sua capacità di direzionare il desiderio (colonizzarlo o educarlo, a seconda dei punti di vista), il suo valore come immagine. Soprattutto, la sua natura anfibia di presente-assente: un serbatoio enorme di rappresentazioni cui tutti, privatamente, attingono, ma anche un grande rimosso collettivo.
La sparizione di Annette va presa allora come triplice: biografica (il ritiro di Annette, appunto, nonché la sua incapacità di attirare i media, come invece fa Sasha Grey, cui spesso è paragonata); virtuale (Marco si innamora tramite i suoi video); psicologico-sociale (Annette appartiene al rimosso collettivo). Annette è dunque nell’oscenità, ovvero – usando un gioco para-etimologico caro a Carmelo Bene – è fuori dalla scena. E la “riduzione” della scena a presa diretta del romanzo (sostituita in gran parte dall’argomentazione, dal pensiero) non è altro che il risultato della tensione verso l’osceno.

Storia e psiche

A partire da questa tensione tra qualcosa che si sottrae e qualcosa che tende a ricostruire si spiega la doppia anima dell’opera, cioè in parte saggio (sul porno), in parte romanzo. Sono due energie complementari che potremmo intendere come filologia (quella saggistica) e mitologia o immaginazione (quella letteraria). La prima dà corpo all’oggetto del desiderio come historia, cioè in riferimento a ciò che si vede, e si sprigiona nei momenti in cui Marco analizza i video e i blog, intervista, incontra persone (come il collezionista di materiali pornografici, in quella che è forse la scena migliore del libro); la seconda guarda alla psiche (un’interiorità), cioè ricostruisce quei buchi che costellano la vita enigmatica di Annette: quali motivi l’hanno spinta a fare porno, quali a lasciare, in che modo ha vissuto il set e i vari trasferimenti.

Proprio in quanto parzialmente sottratta ai dati (a ciò che è dato), Annette innesca un meccanismo ermeneutico (e desiderante) in Marco-personaggio che deve necessariamente tenere conto della deduzione e dell’immaginazione, parte per sanare le lacune (con lo stesso procedimento che si attua nella ricostruzione dei sogni), parte per avvicinare empaticamente il desiderato, comprenderlo nella sua complessità psichica ed etica. Parallelamente, il Marco-autore gioca sul filo che divide collazione e ipotesi: il mondo del porno, di cui Annette è allegoria, in quanto rimosso collettivo e insieme algoritmo della fantasia individuale viene affrontato indagando assieme una sfera patente (mercato, arte, bibliografia) e una latente.

Carne e apparizione

Ecco dunque che l’apparizione di Annette si configura come una sorta di teofania. La sua comparsa è a tutti gli effetti preparata come una manifestazione del divino: Annette è il cercato, l’agognato per tutto il corso del libro, e il suo raggiungimento nel finale dimostra l’andatura iperbolica del romanzo, un viaggio interpretativo e fisico (Marco raggiunge Annette in Germania) che ricalca, in fin dei conti, il modello dantesco (rintracciabile, del resto, anche nella doppiezza Marco-personaggio/Marco-autore). Non a caso la sua rivelazione conduce il protagonista in uno stato di afasia («la presenza di Annette emana una radiazione che mi impedisce di parlare»): è l’insufficienza del linguaggio di fronte a un Essere supremo.

Eppure la specificità di Annette contribuisce a rovesciare, o almeno inclinare, questa teofania. Anzitutto l’incontro avviene nel Poscritto: seguendo il gioco metanarrativo che caratterizza tutto il libro, si racconta di un’intervista ad Annette in persona che viene “aggiunta” a romanzo già concluso (e concluso dichiarando un’assenza insanabile: «ora che non mi restano di te che reliquie virtuali e queste pagine che non vanno da nessuna parte»). L’iperbole allora non è regolare e l’apparizione di Annette appartiene all’extra, all’a parte.
Proprio questo abbassamento della “teofania” – durante l’incontro Marco è dubbioso, nota pregi e difetti di Annette, non rivela l’entusiasmo che ci si aspetterebbe – ci dà la chiave del libro: l’apparizione mette in gioco la carne di un desiderato che era conosciuto virtualmente, come – si è detto – triplice lontananza; e la carne è di fatto l’ingombro che spezza l’iperbole. Quando dice che «A differenza del sesso in carne e ossa […] qui l’attesa del piacere è letteralmente il piacere», allora, l’autore descrive la consumazione del porno, ma, allegoricamente, anche la ragione del libro e la configurazione del piacere nella nostra società. Annette è un motore ermeneutico e pulsionale, e lo è proprio in quanto immagine e oscenità; la sua Incarnazione non riguarda il porno e la masturbazione, che sono, rispettivamente, l’attrazione verso un rimosso e il piacere di non raggiungerlo.

Antonio Francesco Perozzi

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