Dissezione degli elementi di genere ne La carne di Cristò

Alcuni elementi sono incatenati a delle scatole apparentemente ermetiche. I coperchi sono così pressati su che non viene neppure in mente di provare ad aprire due scatole – per dire -, prendere un elemento e metterlo nell’altra scatola. Perché siamo convinti che quelle scatole stiano bene come stanno, perché va bene così, perché in fondo è così che vanno le cose.

Quegli elementi sono magari degli archetipi, nella nostra narrazione di oggi. E quelle scatole sono dei generi.

L’elemento che potremmo prendere sono gli zombi, dalla scatola ermetica dell’horror. Potremmo metterla in un quella grande senza nome, la scatola “non di genere” e vedere che succede. Oppure possiamo leggere La carne di Cristò, che è un po’ la stessa cosa.

Di un mondo che c’era prima

La prima particolarità del volume di Cristò, riportato in libreria da Neo Edizioni, è il continuo e costante confronto fra un passato apparentemente utopico e ricco di positività e il presente narrativo, carico di brutture.

Un passato in cui gli zombie che fanno la fila per mangiare la carne non ci sono ancora. Un giorno in cui il nostro protagonista, la nostra anziana voce non aveva ancora la mutilazione che gli ha condizionato per sempre la vita. Un mondo in cui non era normale desiderare di poter morire un giorno, perché l’alternativa non era poi granché.

Cristò

Nel mondo creato da Cristò, gli uomini e le donne – senza una ragione ben chiara – a un certo punto possono diventare stupidi e affamati di carne. Non c’è altro nelle loro menti se non la forma compatta della carne. Ogni impulso, ogni stimolo è lì per portare a compimento quell’unica, basilare funzione. Mangiare. Mangiare carne.

Oltre la classificazione

A cosa ci troviamo davanti, allora? Ci sono elementi dell’horror (il lato fantastico, a cui appartengono anche le storie di vampiri, lupi mannari, stregonerie, bambole assassine, tanto per citare qualche clichè), ma non è un libro horror. La caratteristica principale del genere è: suscitare paura, ansia, spezzare il fiato. Il romanzo di Cristò non lo fa, non è su quei toni, non ha quei risvolti.

Potremmo allora dire che è fantascienza. La distopia (un mondo peggiore di quello attuale, fra i mondi peggiori possibili) rientra come subcategoria della fantascienza. Eppure, sebbene sia a mio avviso la definizione più calzante, La carne è così pieno di elementi appartenenti ad altro che sfugge a una concreta catalogazione.

A chi importa, ci si potrebbe chiedere. Ma lasciate correre. Perché la definizione dell’appartenenza di genere non è solo mero accademismo, è anche il riconoscimento che elementi diversi generano effetti non sempre prevedibili. La lettura del libro di Cristò non ci fornisce in alcun modo paura o ansia. Forse un po’ di sconcerto in alcune parti. Neppure ci fornisce un quadro preciso di ciò che accade dal punto di vista della fenomenologia, del causa ed effetto. Ci mostra soltanto la vita di un vecchio in un mondo folle, e la vita di un medico che il vecchio vede, o immagina, o sente, e di cui viviamo la storia parallela, una storia in un mondo terzo, a cui ancora meno abbiamo accesso.

Ecco allora l’importanza di riconoscere che gli elementi rifunzionalizzati possono portare a effetti insperati. Perché un romanzo sugli zombie così non si era mai visto. Al punto che a parlarne in giro si sente solo dire: “non è un romanzo sugli zombi”, come se gli zombie fossero messi lì per caso, ci somigliassero, fossero in realtà tutt’altra cosa, più nobile, meno di genere, se capite cosa intendo.

E invece è quello che è. È un romanzo sugli zombie, ma è un romanzo di riscoperta, un romanzo da una meravigliosa struttura circolare, un romanzo che riesce a portarci in un mondo dove gli zombie sono accanto a noi e siamo del tutto assuefatti alla loro presenza, siamo abituati. Il mondo è questo e noi dobbiamo accettarlo. Ed è forse solo qui, in questa rassegnazione, nell’accettazione totale dello status quo che appare. Alla fine del libro, quando l’hai già chiuso. Sottile, velata, esce allo scoperto. Non era nel libro, non c’è, è inutile cercarla. È dentro di noi e ci sussurra analogie. Eccola, la paura.

Maurizio Vicedomini

Maurizio Vicedomini è capoeditor per la Marotta&Cafiero editori. Ha acquistato diritti di pubblicazione in tutto il mondo ed è pioniere nello sviluppo di nuove forme di impaginazione libraria in Italia. Ha fondato la rivista culturale Grado Zero, sulle cui pagine sono apparsi racconti di grandi autori italiani e internazionali. È autore di libri di narrativa e critica letteraria. Collabora con la Scugnizzeria, la prima libreria di Scampia.

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