Configurazione Mirabelli

La prima impressione, al termine della lettura del romanzo d’esordio di Elena Giorgiana Mirabelli, Configurazione Tundra (Tunué), è quella di ritrovarsi di fronte a un laboratorio ancora aperto. Uno spazio narrativo che, per quanto espresso, appare ancora fertile di suggestioni. Tundra è una città-bioma, progettata dall’architetto Marta Fiani, realizzata per volontà di un governo che per motivi altri alla narrazione ha sentito l’esigenza di suddividere il territorio nazionale in spazi lineari. Tundra, appunto, è una lunga strada, senza fine, senza incroci e senza piazze. Meno lineare è invece la narrazione, costruita per digressioni ed ellissi, ponendo su piani paralleli racconto diretto, citazioni parabibiliografiche, elementi onirici e pagine di diario. L’intero romanzo, inoltre, si svolge all’interno delle case della città-bioma, in particolare in quella di Lea, figlia dell’architetta Fiani, e abitata nella storia da Diana; assegnata a quel luogo dal progetto Altrove, che consiste nel trasferire le persone in abitazioni altrui temporaneamente libere.

Breve avvertenza

Prima di entrare nell’analisi del libro voglio inserire una piccola considerazione personale. Ho notato che da più parti si è provato a ri-leggere questo romanzo secondo l’ottica del lockdown, proprio per il ruolo centrale che la casa assume all’interno della narrazione. Una tale lettura, però, anche se ammicca alla contemporaneità, credo offra un pessimo servizio al lavoro dell’autrice la cui riflessione sugli spazi è molto più profonda; e pensata in un contesto creativo lontano dalle attuali logiche che, se saranno fertili, daranno frutto in futuro. Remoto o prossimo che sia.

Le case

Tra gli elementi che circondano la scrittura di Configurazione Tundra ci sono le piante planimetriche delle case entro cui si svolge il romanzo. Queste figure, piuttosto che fungere da contorno, hanno una forte connotazione narratologica: (1) perché inquadrano la storia senza la necessità di digressioni descrittive che allontanerebbero la penna dalla propria cifra stilistica e (2) per una dichiarazione di poetica, poiché proprio questa scelta sembra inserire l’autrice in quella linea di narrazioni “domestiche” che il lettore ha già visto realizzarsi, nel tempo, in alcuni testi di scrittori come Hawthorne, Melville, Hemingway, Carver, Cheever o Poe. Non saprei dire quanto diretto sia questo rapporto di filiazione, di certo, però, nella scrittura della Mirabelli – come negli autori citati – è evidente che la casa non sia un semplice luogo di riparo, di ritiro da sé o rifugio per nuclei familiari, ma piuttosto lo spazio in cui la soggettività opera, si scontra e si realizza. Immediata dimostrazione di quanto detto potrebbe essere data proprio dall’analisi del comportamento della protagonista, Diana, le cui considerazioni sulla figura di Lea sono tutte riconducibili agli oggetti che la figlia dell’architetto ha disseminato e lasciato in casa. Una soluzione, questa, che da un lato ricorda la focalizzazione esterna alla Robbe-Grillet, capace di costruire enormi universi interiori circondando di oggetti i personaggi e dall’altro rinnova quell’idea, anche un po’ desueta, che vuole che ogni casa in letteratura sia infestata, perché portatrice dei segni di chi la abita e di chi l’ha abitata.

La linea retta

I Centri emozionali e spirituali se vengono messi a servizio dello spazio, produrranno evoluzione per chi è adatto, flessibile e adattabile. La realizzazione dell’evoluzione umana in base alle capacità adattive indotte da uno spazio artefatto.

È lo Spazio!
Lo Spazio!
La tua dimensione.
Sganciamoci dal Tempo e diventiamo divini!

L’idea che Configurazione Tundra sia un laboratorio ancora aperto e fertile è però data dal tema che maggiormente permea le righe di questo volume: lo Spazio. La forma lineare della città-bioma, le continue riflessioni dell’autrice sulla possibilità dei personaggi di occupare gli spazi e gli sporadici riferimenti al Tempo, solo per escluderne la presenza, sono preciso indice del tentativo dell’autrice di decostruire la classica impostazione della trama narrativa (l’avventura lineare del personaggio – o dei personaggi – che da A arriva a B definendo il proprio ‘a-venire’) e di utilizzare tale forma come tema. Una soluzione, insomma, ricca di spunti: perché se da un lato noi lettori già da un po’ assistiamo alla riorganizzazione della linea narrativa ritrovandoci di fronte a esperimenti sempre originali e talvolta eccentrici; dall’altro raramente ci è capitato di leggere storie in cui la componente Tempo veniva sottratta a favore dello Spazio. E di fatto, in Configurazione Tundra i personaggi sono esseri umani in potenza, le loro abilità, le loro attitudini possono vedersi realizzate solo se rette da decisa permeabilità agli spazi che li circondano; tra l’altro, parliamo di spazi teorizzati, costruiti e deformati proprio per poter realizzare questa forma di evoluzione biologica.  

Proprio per gli spunti teorici e per la forza narrativa, capace di prendere in prestito registri da più generi – in particolare la distopia – , Elena Giorgiana Mirabelli dimostra in questa prima prova di avere una prosa degna d’attenzione.
A noi lettori non tocca che attendere e vedere quali altre storie avrà da raccontrarci e quali altri spunti saprà tirare fuori dal suo laboratorio.

Antonio Esposito

Antonio Esposito nasce a Napoli nel 1989. È laureato in Lettere e specializzato in Filologia moderna. Attualmente scrive racconti, pianifica romanzi e insegue progetti editoriali di vario genere. Da editor collabora con la casa editrice Alessandro Polidoro, dove dirige anche la collana dei Classici.

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