J.K.Toole e la sua geniale banda di idioti

John Kennedy Toole era morto già da sette anni quando, nel 1976, il manoscritto del suo romanzo Una banda di idioti, giunse fra le mani dello scrittore americano Walker Percy.

[…] quando insegnavo a Loyola, una signora che non conoscevo cominciò a tempestarmi di telefonate. Mi proponeva una cosa assurda: […] si trattava di suo figlio che era morto lasciando un intero romanzo, piuttosto voluminoso, scritto agli inizi degli anni Sessanta: la signora voleva che lo leggessi. Quando le domandai perché avrei dovuto leggerlo, mi rispose: “Perché è un grande romanzo”.

butterflytypewriter_afFu la madre di Toole a mettersi in contatto con Walker Percy, dopo che suo figlio aveva deciso di togliersi la vita a soli trentadue anni. Il suicidio di Toole – come altri celebri suicidi nel mondo della letteratura contemporanea (si pensi a D.F.Wallace) – assume un significato simbolico. Se si guarda al personaggio di Ignatius Reilly, protagonista di Una banda di idioti, si scopre un ritratto obeso e delirante dell’America contemporanea, così come doveva apparire agli occhi di Toole: una gigantesca comunità di idioti, mangiatori di hot dog, stolidi guardatv, razzisti e amanti del bowling. Non c’è un solo personaggio all’interno del romanzo che non incarni uno stereotipo negativo dell’America del XX secolo. Se ad un malcontento comune si aggiunge la sensibilità artistica di uno scrittore, non è difficile immaginare quali siano state le cause che indussero Toole al suicidio. Eppure, leggendo Una banda di idioti, non si penserebbe mai che lo stesso autore che ha scritto pagine di così intelligente e disinibita ironia abbia anche solo potuto pensare di togliersi la vita.

Il romanzo di Toole è un bel paradosso. L’autore è lungi dal puntare il dito contro la società; la sua letteratura non fa denuncia né critica, le storie dei suoi idioti personaggi sono costruite con ironia, i caratteri e le azioni di ognuno di loro inducono a sorridere, talvolta, a ridere di gusto. Eppure, Toole visse i suoi trentadue anni scosso da un sotterraneo malcontento e decise di suicidarsi, lasciando ad Ignatius Reilly la sua eredità e tutti i suoi ultimi ricordi. Una grande fetta della vita di Toole è conservata in questo libro, a partire da New Orleans – luogo di nascita dello scrittore e scenario della storia -; dal suo carattere solitario e istrionico, così simile a quello di Ignatius.

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La banda di geniali idioti di Toole è un mix esplosivo di personaggi molto diversi tra loro, accomunati dalla presenza, più o meno evidente, nella loro vita del berretto verde con paraorecchie di Ignatius Reilly. Incallito bevitore di Dr Nuts, cinefilo di film spazzatura, abituale onanista, Ignatius è un idealista incompreso, che trova rifugio nella filosofia antica di Boezio e nell’aria viziata e stantia della sua cameretta in casa della madre. Il piccolo spazio privato di Ignatius è il luogo in cui questo obeso e flatulento personaggio lascia libero corso ai propri pensieri, utilizzando carta e penna o un guanto di lattice sotto le lenzuola ingiallite. Come da copione, Ignatius è vittima delle più svariate malattie psicosomatiche, tra cui – la più crudele fra tutte – l’occlusione improvvisa della valvola pilorica in situazioni di forte stress, che mette a dura prova la resistenza dei tessuti del suo stomaco, che, così otturato, finisce per gonfiarsi smisuratamente.

La storia di Una banda di idioti prende le mosse un giorno qualunque, fuori ai magazzini D.H.Homes, nel momento in cui la ruota della Fortuna di Ignatius decide all’improvviso di girare verso il basso. A partire da questo funesto giorno, il nostro eroe ne passerà di tutti i colori: in primis dovrà – nonostante la sua incapacità fisica e psicologia di ottemperare a sì dura prova – trovarsi un lavoro, per risarcire un danno provocato da un incidente in auto con la madre (ovviamente guidava la signora Reilly, la cui visuale posteriore era completamente oscurata dal berretto verde di Ignatius, che mai e poi mai siederebbe sul sedile del passeggero, “il sedile della morte”!).bandaidioti

L’ingombrante e maldestra presenza di Ignatius finisce così nelle vite di molti altri idioti personaggi: dal proprietario della Manifatture Levy, al “negro” Jones; dall’incapace agente Mancuso, al vecchio fascista Claude; dall’arzilla signora Battaglia, al circolo di delinquenti del Notti di Follia; dalla signorina Trixie, che vorrebbe solo andare in pensione, agli studi psicoanalitici delle ciglia color acquamarina della Signora Levy. Per non parlare delle vecchie storie di Ignatius, la pocodibuono-hippie-sessantottina Mirna Minkoff e lo sviatore di giovani menti Professor Talc.

L’impronta delle zampacce di Ignatius si posa su svariate e multicolori vite della New
Orleans degli anni Sessanta, vite di idioti o di geniali idioti come lui. Non c’è dubbio che Ignatius sia un personaggio fuori dal comune, ma, tra un rutto e l’altro, capita che la sua bocca tiri fuori barlumi di genialità. Nascosta sotto strati di grasso e gas corporei al gusto drNuts, la sua saggia natura di caparbio oppositore al falso perbenismo americano si esprime in questo passaggio del romanzo, giustificando la sua raison d’etre con grande lucidità:

“[…] tanta gente si sente anormale solo perché non apprezza l’ultimo modello di automobile o la nuova profumazione di uno spray e loro non fanno altro che rinchiuderli, a scopo di esempio e ammonizione a tutti gli altri membri della società. I manicomi di questa paese sono pieni di povere anime che semplicemente non sopportano la lanolina, il cellofan, la plastica, la televisione e i lotti edificabili”.

Ignatius è un insoddisfatto, cerca qualcosa di meglio dalla vita di quello che è socialmente e civilmente accettabile. Sceglie consapevolmente di essere diverso, un sabotatore della società in camicia da notte di flanella che dice “basta!” e decide di cambiare le cose… nel modo speciale in cui fa le cose Ignatius Reilly.

Scriveva Jonathan Swift: “Quando nel mondo appare un vero genio, lo si riconosce dal fatto che tutti gli idioti fanno banda contro di lui”. Quale che sia la vera natura di Reilly – idiota o geniale – il romanzo di Toole resta un bellissimo ed esilarante spaccato di vita americana a cui è quasi impossibile sottrarsi. Una lettura intelligente, ricca, divertente. Come prometteva la signora Toole nel 1976, “un grande romanzo”!

Anna Fusari

 

Fa tante cose diverse, ma principalmente le piace leggere libri e dire la sua. Ha studiato Lettere Moderne a Napoli e Filologia Moderna tra Padova e Grenoble; ha lavorato in Francia come insegnante di Italiano e come responsabile della comunicazione in un’associazione culturale. Ha fatto un Master in Editoria alla Sapienza e uno stage al Battello a Vapore. Continua a collaborare con alcune case editrici italiane specializzate in letteratura per infanzia e ragazzi (Giunti e Gribaudo) e fa altri lavori che in parte la rispecchiano e in parte no, ma le permettono di fare quello che le pare nel resto del tempo.

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