Boris Vian, Sputerò sulle vostre tombe

Se non avete mai bevuto del bourbon ghiacciato con la cannuccia, non avete idea dell’effetto che fa. E’ come una lingua di fuoco che ti arriva sul palato. Un fuoco dolce, è terribile

 

Sputerò sulle vostre tombe è stato il libro maledetto nella vita dello scrittore, poeta e musicista Boris Vian.
Non parlerò qui di Vian, poiché la sua biografia richiederebbe un articolo a sé, e perché non sarei in grado di parlarne in modo specifico o critico come vorrei veramente per rendergli omaggio. Sono, però, dell’idea che se un libro merita di essere letto, poco importa quanti anni possa avere, va letto, soprattutto se ti viene suggerito, come è successo a me per questo romanzo.

La storia di Sputerò sulle vostre tombe è la storia di una scommessa: Raymond Queneau e Vian discutevano l’assurdità di vivere in una città multirazziale sotto il predominio, però, di una sola razza; si arriva così alla scommessa di scrivere un romanzetto all’americana ma anti-americano nel midollo. Vian accetta subito. “Romanzetto” per Vian erano i best-seller che spopolavano in Francia al tempo. L’autore di grande fama contro cui Vian si scagliò pubblicamente, lo scrittore che mischiava fantasia esotico-erotiche, era Henry Miller; non tanto per i contenuti o la morale dell’opera, quanto per un profondo rancore anti-americano.
La storia di Sputerò sulle vostre tombe è dunque un atto di guerra. Possiamo considerare il romanzo come un colpo che Vian volle infliggere alla cultura editoriale francese degli anni ’40. Anche per questo il racconto narrato sembra un rifacimento del Tropico del Cancro, Tropico del Capricorno e Primavera nera, del tanto odiato Miller.
La scommessa si traduce in un romanzo scritto, stando alle voci leggendarie, in sole due settimane e pubblicato dalla casa editrice francese Le Scorpion di Jean d’Halluin, con lo pseudonimo di Vernon Sullivan.

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La storia si può dividere in due metà. La prima parte è un’ironica e dissacrante visione del benessere americano, della gioventù dorata del primo dopoguerra, dedita all’alcol e all’emancipazione sessuale. Nella seconda parte si capisce dove voglia arrivare. È la storia di Lee Anderson, un afroamericano dalla pelle chiara che, dopo la morte del fratello, ucciso per mano di due bianchi, ottiene un posto da gestore di una libreria in un’anonima e piccola cittadina americana. Come venditore ci sa decisamente fare, soprattutto con i clienti più giovani, forse anche per quell’aria da forestiero, e inizia così a ripassarsi una serie di ragazzine quindicenni. Grazie all’amico Dexter, si introduce nel mondo “bene” e partecipa ad alcune feste in smoking, i cui ingredienti sono sempre rum, whisky e sesso. In breve riesce a far innamorare di sé due sorelline straricche che entrano in competizione per averlo. L’obiettivo di Lee Anderson era proprio quello, introdursi nel mondo dei bianchi ricchi americani e vendicare la morte, ingiusta, del fratello. Lee trascinerà le due sorelle Asquith in una rete di inganni, sensualità e tradimenti. Carpirà la loro fiducia e il fiore della loro giovinezza, riuscendo così nel suo macabro intento. Preso dalla foga della vendetta, si spingerà troppo in là: Una volta conquistati i cuori delle due ragazze, le uccide entrambe. Braccato poi dalla polizia, verrà catturato e impiccato.

Il romanzo procede per accumulazione, Vian dosa sapientemente i ritmi, descrivendo feste, situazioni ambigue e morbose, personaggi da noir o meglio, da hardboiled, il genere letterario americanissimo al quale si ispirava e contro il quale si scagliava.
Una storia crudele, cattiva, con un gusto particolare per i cattivi sentimenti, molto esplicita nelle descrizioni dei rapporti sessuali, tanto da portare il libro a essere bandito da certe élite culturali parigine, e l’autore venne multato e processato per “offesa alla pubblica morale”; accuse che costrinsero Vian a confessare la vera identità dell’autore.
il romanzo presenta una prosa formidabile, perfetta, cattura il lettore senza bruciare però nulla del finale, riuscendo a mantenere intatto l’ alone di mistero. Violento, crudo, perfino eccessivo in diversi punti della narrazione (tutta la parte finale, dell’assasinio delle due sorelle, ad esempio, è scritta con perizia ineccepibile), il romanzo si presenta come un rapido e accuratissimo ritratto di vite immerse in una società dove domina ancora il razzismo – che l’autore denuncia con la sua stessa arma, la crudeltà; il messaggio che Vian invia è puramente esistenzialista, la non accettazione delle condizioni tremende dei neri d’America e di tutto il mondo.

Nel 1959 ne fu realizzato un film da Michel Gast e inizialmente Vian partecipò alla sceneggiatura. Il risultato tuttavia non fu all’altezza delle sue aspettative tanto che decise di togliere il suo nome dai titoli. Alla prima proiezione del film, dopo solo cinque minuti, ebbe una crisi cardiaca e morì durante il trasporto all’ospedale.

Boris Vian fu tante cose, ma soprattutto fu un personaggio in vista per la sua critica alle istituzioni, per il suo scagliarsi contro ogni forma di convenzione e discriminazione.

Anna Chiara Stellato

Quella sera mi sono guardato allo specchio e mi sono messo a ridere, a mia volta. Con quei capelli biondi, pelle bianca e rosa, non rischiavo proprio nulla. Li avrei fregati tutti.

Giovane napoletana laureata in lettere, da sempre innamorata della sua città, del dialetto e della storia di Napoli. Lettrice compulsiva, appassionata di cinema d’autore e di serie tv. Sorrido spesso, parlo poco e non amo chi urla.

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