Dobbiamo essere autentici, irripetibili, e inseguire i nostri sogni con determinazione, trasformando le nostre speranze in realtà. Spesso ci perdiamo nella creazione di una maschera perfetta, adeguandoci alle aspettative della società e agli stereotipi che ci hanno imposto. Finiamo per identificarci con questa superficie, illudendoci che rappresenti veramente chi siamo, ma senza renderci conto che stiamo soffocando il nostro vero io, la nostra essenza autentica.
Invece di affrontare i nostri dubbi, le paure e i traumi, tendiamo a nasconderli sotto stratificazioni di comportamenti evasivi come il cibo e le bevute e ci rifugiamo nel lavoro e nelle feste, cercando di scappare dalla realtà. Ma in questo modo non facciamo altro che allontanarci dalla possibilità di scoprire e abbracciare la nostra vera natura. Solo attraverso una sincerità interiore potremo liberarci dalle costrizioni della società e vivere la nostra vita in modo autentico, senza nasconderci dietro una maschera, liberandoci dal peso delle aspettative esterne e realizzando il nostro pieno potenziale. Siamo i protagonisti della nostra vita, e spetta a noi fare in modo che sia una storia memorabile, autentica e appagante. Come Wellmania vuole suggerire ai suoi spettatori.
Wellmania è molto più di una semplice serie tv: è un’ode alla body positivity, all’uso di linguaggio diretto e spregiudicato e all’accettazione della nudità. Ma, al tempo stesso, rappresenta anche un viaggio interiore di costante elaborazione del lutto. Il punto di partenza di questa serie Netflix è il libro di Brigid Delaney, una giornalista australiana, intitolato “Wellmania: Extreme Misadventures in the Search for Wellness”. La protagonista, interpretata dalla talentuosa comica australiana Celeste Barber, è Liv Healy. Liv, il cui vero nome è Olivia, è una brillante scrittrice di cucina che conosce sicuramente l’arte di divertirsi, ma è anche costretta ad affrontare una revisione del suo eccentrico stile di vita, caratterizzato da vizi eccessivi.
Wellmania ci guida attraverso il viaggio di Liv mentre abbraccia sé stessa senza riserve, adottando una mentalità di body positivity. Il linguaggio utilizzato nella serie è diretto e spregiudicato, rompe gli schemi delle convenzioni sociali e abbraccia la franchezza come strumento per esprimere liberamente le proprie emozioni.
La nudità, un tema spesso trattato con imbarazzo o tabù, è esplorata in modo disarmante e naturale in Wellmania, contribuendo a demolire le barriere che circondano il corpo umano e dimostrando la bellezza autentica e senza filtri della forma umana.
Ma Wellmania non è solo una celebrazione della piena considerazione di sé stessi e della libertà di esprimersi. La serie approfondisce anche il tema del lutto, esplorando il processo di elaborazione del dolore e della perdita. Liv si trova ad affrontare sfide personali, la perdita di persone care, e il viaggio interiore che intraprende la aiuta a trovare una connessione più profonda con sé stessa e con gli altri.
Grazie alla sapiente regia di Helena Brooks e Erin White, Wellmania cattura il pubblico con una narrazione coinvolgente e autentica. Liv conduce una vita intrisa di fascino, mistero e festeggiamenti scintillanti, immergendosi senza riserve in eccessi come alcol, droghe e avventure sessuali occasionali. La protagonista è affascinata da questo stile di vita e ne abbraccia completamente l’essenza; è convinta di appartenere a questo mondo sfavillante e desidera essere parte integrante di esso. Questa convinzione si rafforza ulteriormente quando riceve la proposta che ha sempre sognato: diventare giurata in un rinomato programma culinario, una sorta di “Masterchef“. Ma la storia di Liv Healy continua a svilupparsi, svelando i molteplici aspetti di una personalità complessa e alla ricerca di un equilibrio.
La performance di Celeste nel ruolo di Liv conduce lo spettatore in un viaggio emozionante all’interno della psicologia del personaggio, sollevando domande sulla vera essenza di una vita fatta di eccessi e apparenze. La scelta di Celeste Barber per questo ruolo si rivela perfetta, poiché l’attrice riesce a incarnare Liv con autenticità, enfatizzando il contrasto tra l’apparente perfezione della sua vita pubblica e i suoi aspetti più intimi e contraddittori.
Liv è estroversa, eccessivamente sincera e incapace di trattenere i suoi pensieri. In Australia si sente intrappolata, soffocata dai vincoli familiari, dai ricordi e da tutto ciò che ha lasciato alle spalle. Cerca in tutti i modi di riportare i suoi valori nella norma: bevande, meditazione, jogging, metodi bizzarri, ma nulla sembra funzionare. Così decide di chiedere aiuto a suo fratello Gaz (Lachlan Buchanan), un personal trainer. L’unica persona contenta di ospitare Liv è sua madre (Genevieve Mooy), anche se il loro rapporto non è dei migliori. E nemmeno il rapporto con il fratello o con la migliore amica è idilliaco. Tutti in realtà la amano, ma Liv, ossessionata dal lavoro e dal ritorno a New York, finisce sempre per dire e fare la cosa sbagliata, mettendo in discussione tutti i suoi legami.
La vita di Liv appare quindi superficiale e priva di sostanza, ma c’è una figura importante che appare di tanto in tanto nei suoi ricordi: suo padre, morto quando lei era una ragazzina. Attraverso diversi flashback disseminati negli otto episodi, la serie ci permette di comprendere quanto Liv non abbia mai superato quel trauma. Nessuno ne parla, nessuno lo menziona, nessuno vuole affrontare le circostanze della sua morte. Eppure sembra essere quel ricordo costante nella mente di Liv, il suo tormento, il dolore che cerca di allontanare con la sua vita fatta di eccessi e superficialità.
Wellmania è una serie che sa essere intelligente e divertente al tempo stesso, e riuscire comunque anche a fare male. Barber è straordinaria nel rappresentare una donna comune di 40 anni che nasconde dietro l’ironia e il sarcasmo le ferite interiori. Ma purtroppo, come tutti ben sappiamo, l’ironia è solo un modo per difendersi, uno scudo che mettiamo tra noi e le cose che ci fanno soffrire e che fatichiamo ad affrontare. Gli eventi, la mondanità, il lavoro sono solo delle distrazioni, tentativi maldestri di colmare la solitudine e il vuoto che preferiamo ignorare.
Liv Healy ha vissuto solo in eccesso, fin da adolescente ha trovato nell’alcol l’unica consolazione dopo la morte di suo padre. La storia inizia con Liv sul retro di un’ambulanza. Costretta a intraprendere un percorso di riabilitazione, per cercare di mantenere la sua reputazione, nonostante l’assenza a New York, le viene assegnato il compito di scrivere un articolo esclusivo e inizia a intervistare il personaggio interpretato da Miranda Otto, Camille, una guru per donne insicure e incerte sul proprio corpo. Durante queste sedute, Liv si troverà a dover affrontare i suoi demoni, ammette di essere spaventata dal fallimento e fa i conti con i primi dei tanti attacchi di panico che si verificano nel corso di Wellmania. In particolare, lo spettatore inizia a vedere qualcosa di più riguardo al suo passato relativo al giorno della morte di suo padre. Quel giorno è cruciale nella storia di Liv perché la sua mancata elaborazione l’ha cresciuta con l’idea di dover avere successo a tutti i costi nella sua vita.
Sebbene strutturata su situazioni assurde e talvolta esilaranti, Wellmania si basa su una verità di fondo che avvicina lo spettatore agli eventi che racconta. Con realismo e umorismo tipicamente british, ogni puntata riesce a catturare l’attenzione grazie alla simpatia e alla semplicità, instaurando con il pubblico un rapporto di fiducia e fidelizzazione. Non ha bisogno di grandi effetti speciali, puntando in misura maggiore sul racconto e sulla componente sociale e umana, che facilmente rende lo spettatore protagonista allo stesso tempo.
In definitiva, Wellmania è una serie che ridefinisce gli stereotipi, rompe i tabù e celebra l’autenticità. È un viaggio di autoesplorazione che ci invita a considerare la nostra interezza, le nostre emozioni e le nostre relazioni con gli altri. Una vera e propria celebrazione della vita e della sua complessità. E non vediamo l’ora che arrivi una seconda stagione.
Anna Chiara Stellato
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