Vittime, assassini e testimoni, soldi, sesso, tradimenti, droga, ossessioni e perversioni. Detti così gli ingredienti di Cuori di nebbia farebbero pensare a un noir. E in effetti per come sono andate le cose quella notte nei campi gelati dell’Emilia – con due cadaveri (uno di una prostituta tossicodipendente), dei soldi che non si ritrovano, testimoni voyeur che spariscono – gli ingredienti ci sono tutti. Ma che si sia letto un noir, in fondo (e se davvero di noir si tratta non lo so), ce se ne accorge solo alla fine, perché quello che accade immediatamente invece è l’essere catapultati nell’intima verità di tante vite diverse, ciascuna con una propria personalissima voce oltre che storia. Ciascuna così potente da poter diventare un racconto a sé. E, in effetti, l’alternarsi di ciascuna voce in ogni capitoletto la trasforma in un percorso originale da seguire: la verità di una vita, un’intima biografia di forze e debolezze, come le vite di ciascuno di noi. Una polifonia contemporanea degna di Dostoevskij.
Forse è questo che mi ha tenuto incollato alle pagine di Cuori di nebbia, impedendomi di mollarle e costringendomi a finire in un solo pomeriggio il romanzo di Licia Giaquinto uscito nel 2007 per Flaccovio e ripubblicato da TerraRossa Edizioni. Perché alla fine io facevo il tifo per te Filippo, che sei «sempre stato un bravo ragazzo», hai lavorato come un mulo tutta la vita e ti sei innamorato di Natascia, che si prostituiva là dietro i tuoi campi lungo la statale. E facevo il tifo pure per te Mirella, che ti sei sposata Filippo, ma hai trovato il vero amore con Ivonne, che è venuta ad abitare vicino al tuo casale quasi per caso. Perché in questa vita non felice che avete vissuto insieme vi ci siete trovati entrambi gettati, senza alternative. E ci speravo veramente che Natascia si fosse innamorata di te, Filippo, e che non mentisse come faceva con tutti gli altri clienti, solo per guadagnare di più. Che non mentisse come aveva imparato a fare sin da bambina, per scappare dall’Est e venire qui in Italia. E, cavolo, Nicola, in fondo sei un bravo ragazzo pure tu, perché quel vizio di spiare le coppiette, quel non coraggio nell’affrontare la vita, te l’hanno buttato addosso quando eri bambino. E anche i tuoi demoni Francesco sono nati quando eri bambino e lottavi contro l’incubo del cibo incarnato da tua madre e contro il tuo corpo che da grasso era diventato magro, magrissimo. I demoni, come quelli di Francesca e l’eroina o di Mirco, novello principe Myškin ma con una tragedia enorme alle spalle.
Ecco, ci sono, questo noir per me è un I demoni contemporaneo. Ed è questo che mi ha tenuto incollato alle sue pagine e per cui vi consiglio di leggerlo.
Arcangelo Licinio
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