Abbiamo volato sui mari,
con Venere caduta dal buio appena
insieme a una luna di spuma,
a far delle nuvole onde
sospese a ombrare le fosse
e ci siamo sforzati a conoscere
la bianca scia delle balene,
credendo i leviatani immensi tanto
da essere visibili agli astri.
E c’era un colore di notte sull’oceano,
un blu cobalto che pareva un pianto divino,
una specie di sogno d’amore tra acqua e cielo
e guardavo stupito, guardavo e vedevo
ch’eri là fuori, tra Venere e le balene,
dove sempre stanno sospesi
i tuoi occhi cambianti,
un giorno querceto e selva,
battigia e alghe l’altro.
Stavi lì, col segreto tuo buio di dentro,
mischiata tra notte e giorno,
nella luce incerta che indora le terre,
e non avevo speranza:
pur’io sono il cetaceo,
leggero nel sale d’Atlantico,
che attende e spera il suo soffio splenda
di Venere e d’altri, remoti abissi.
Dublino, agosto 2018
Stefano Cortese
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