Ricordando Tondelli

Il 16 dicembre 1991 moriva a soli trentasei anni Pier Vittorio Tondelli, scrittore che nella sua breve vita e carriera conobbe fama, rispetto della critica e successo del pubblico, tanto da essere considerato ancora oggi come uno dei maggiori esponenti della letteratura postmoderna italiana. Non solo: il suo esordio resta l’ultimo grande scandalo letterario italiano, in quanto è l’ultimo libro italiano denunciato e sequestrato per oltraggio alla pubblica morale.

Tondelli (1955-1991, in un ritratto giovanile)

Le origini e il ricordo

Tondelli era nato nel 1955 a Correggio, “un piccolo borgo della bassa padana”, una comunità intrisa di valori contadini e religiosi che si ritrovò a fare i conti col clamore suscitato dal giovane concittadino che scriveva di sesso gay, droga, prostituzione, violenza e usava parolacce e bestemmie. Sequestrata per oscenità e oltraggio alla pubblica morale, la raccolta di racconti Altri libertini è pubblicata da Feltrinelli nel 1980, quando Tondelli è ancora uno studente del DAMS, corso di laurea in arte, musica e spettacolo che vanta come professori Umberto Eco e Gianni Celati. Lo scandalo è enorme e aiuta non poco il successo commerciale del volume ritornato nelle librerie un anno dopo con l’assoluzione dell’autore e dell’editore. Tondelli diventa così una sorta di scrittore maledetto, lo scrittore di cui tutti parlano, la nuova promessa della letteratura italiana. Sicuramente parlavano di lui tutti i suoi concittadini, che se lo ricordavano come un ragazzino timido e occhialuto tutto casa, biblioteca e oratorio. Eppure è proprio a Correggio che Vicky, come lo chiamavano i suoi amici, vuole tornare negli ultimi suoi giorni di vita ed è lì che è non è mai stato dimenticato come scrittore, grazie al Centro di documentazione a lui dedicato che dal 1997 organizza eventi e perfino bandi e concorsi per ricordare l’opera di uno dei suoi cittadini più illustri. Così è anche quest’anno, con il weekend precedente all’anniversario che vede Correggio e Reggio Emilia animarsi di incontri, conferenze e reading che vedranno coinvolti molti critici e scrittori, come Giuseppe Culicchia, che a Tondelli inviò le sue prime bozze di quello che sarebbe diventato Tutti giù per terra, o Paolo di Paolo, che cita Tondelli tra i suoi maestri, ma anche il rocker Luciano Ligabue, concittadino e quasi coetaneo dell’autore.

La locandina degli eventi di quest’anno dedicati a Tondelli dal Centro di documentazione

La rivoluzione postmodernista

E così ancora oggi siamo qui a parlare di Tondelli per spiegare a nuove generazioni di autori come si diventa una giovane promessa della letteratura italiana e una delle voci più significative dell’ultimo mezzo secolo. Ebbene, esistono diversi modi per lasciare il segno: con le tematiche, con lo stile o con il linguaggio. Tondelli ci è riuscito in tutti questi campi. Oltre ai temi forti e il linguaggio osceno e sacrilego che gli procurano il rinvio a giudizio per oscenità e vilipendio della religione, Altri libertini sconvolge anche per i neologismi, le citazioni, l’uso del linguaggio dei fumetti e del cinema americano, le parolacce e perfino le bestemmie, insomma tutto ciò che rientra nei canoni non troppo precisi di letteratura postmoderna, della quale si fa quindi improvvisamente portavoce. E poi c’è il ritmo, a volte frenetico, altre come spezzato, sempre sull’orlo dell’abisso, come la generazione che sta ritraendo, quella nata tra gli anni ’50 e ’60, quella che non ha mai vissuto le guerre e si gode tutta l’opulenza di quegli anni fatti di consumismo, viaggi, libertà sessuale e vizi. La stessa di cui si farà portavoce un altro correggese pressoché suo coetaneo, salito alla ribalta proprio quando Tondelli scompare, quasi a prenderne l’eredità: si tratta di Luciano Ligabue, che gli dedica Libera nos a malo, brano in cui lo stesso cantautore si scaglia contro la Chiesa.
A questo punto occorre inserire l’incipit del racconto che dà il titolo all’intera raccolta:

«È verrà ormai il Natale, anche quest’anno, già da tempo fervono i preparativi per la settimana sulle Dolomiti, a casa dell’Annacarla, e le ricerche dei pacchidono e di tutte le cianfrusaglie colorate dell’occasione, il Tolkien’s Calendar, le agende in seta di Franco Maria Ricci, i tabacchi Dunhill per la pipa e anche quel poco di Laurent Terrier che si riesce a fare su stiracchiando il prezzo dai grossisti, cioè 7 carte alla bottiglia».

Un incipit che già anticipa tutto: i neologismi, il gergo giovanile, il benessere che concede la consueta settimana bianca e gli status symbol generazionali che ai lettori d’oggi diranno pochissimo se non nulla, ma che ai ragazzi dell’epoca dicevano molto poiché rappresentavano quelle passioni e ossessioni qui spiattellate su carta in barba alla pubblicità occulta.

E poi c’è la sua terra, l’Emilia, nelle vesti della natia e placida Correggio o della vivace Bologna:

«E a Bologna in questi ultimi giorni c’è gran casino, tutta la folla incazzata dei ritardatari coi piani di studio da consegnare gli attestati di frequenza e il rinvio del militare perché poi non c’è più tempo e anche le agenzie pirata non accettano più commesse, per cui ci si deve sbrigare da soli, fare ore di sosta e attesa e di bestemmie e poi finalmente guadagnare il portellino, sbattere giù incartamenti e dopo correre in stazione a ciuffare il treno, nemmeno il tempo di bersi un cioccolato da Zanarini o farsi il Pavaglione in santa pace ora che appunto le vetrine sono stracolme e di bellaroba, ma davvero».

Il volume di Altri libertini e sullo sfondo il Palazzo dei Principi di Correggio che ospita il Centro di documentazione dedicato allo scrittore

Il lascito di Altri libertini

Infine i viaggi: i suoi personaggi hanno un’ossessione per i viaggi, non riescono a stare fermi in un posto. Al pomeriggio sono a Milano e alla sera in Emilia, per poi imboccare l’autostrada verso il Mare del Nord. È una generazione che viaggia per evitare un abisso che altrimenti cerca di colmare con droga, alcol e sesso promiscuo e a pagamento. Non un tipo di vita in cui un’intera generazione possa riconoscersi, eppure, l’aura di scandalo e il linguaggio e lo stile rivoluzionari trasformarono Altri libertini in un caso letterario e nel piccolo manifesto di una generazione. Una generazione libera e libertina, appunto, quella che non teme nessun rischio, che non ha nulla da perdere perché ha sempre avuto tutto e invece finirà per scontrarsi con lo spettro dell’Aids. Letto oggi Altri libertini è ancora in grado di scandalizzare perché se con il tempo qualcuno può essersi abituato a leggere di sesso estremo, droga e omosessualità, ritrovarsi a leggere bestemmie urta ancora il nostro comune senso morale. Passiamo al linguaggio: l’uso del gergo giovanilistico e parlato è rischioso: i termini a volte muoiono ancora prima di trovare attestazione nei dizionari e il risultato è quello di risultare incomprensibile nell’arco di pochi anni, se non addirittura stagioni. Non è così per Altri libertini, che a quarant’anni dall’uscita, nonostante i neologismi e lo slang è ancora comprensibile.

Le opere di passaggio

Il successo come scrittore non esime Tondelli dall’obbligo del servizio di lega e il risultato è Pao Pao, pubblicato nel ’82: un resoconto comico della sua esperienza militare dove il lavoro linguistico si fa ancora più vivace ed estremo. Tuttavia, la mancanza di scandali e critiche forti lo fanno passare pressoché inosservato. Tondelli così decide di passare a Bompiani per ragioni puramente commerciali, come da lui stesso candidamente dichiarato: vuole un editore più grande che gli permetta di diventare adulto. Di fatto, con il passaggio a una casa editrice meno di nicchia Tondelli spera di rilanciare la sua carriera e raggiungere un pubblico più vasto. Per fare ciò elimina le oscenità, il giovanilismo, il ritmo accelerato (ovvero tutto ciò che l’aveva reso famoso e interessante) per dare alle stampe un romanzo classico, in cui si confronta con il poliziesco e il romanzo di costume e dei personaggi che non gli appartengono molto. Rimane solo l’autobiografismo, l’unico elemento di cui non può e non potrà mai fare a meno, nel personaggio del giovane giornalista inviato a Rimini per scrivere un reportage su questa cittadina romagnola capace di diventare in estate la capitale del divertimento italiano. Tondelli infatti dopo la laurea è diventato giornalista (La Nazione, Il resto del Carlino) ma ha anche cominciato a collaborare con riviste dove invita i giovani a inviargli i loro racconti. Rimini, pubblicato nel 1985 è dunque per lui una sfida con sé stesso, una sorta di esercizio di stile, liquidato dai critici come un’operazione meramente commerciale. Il romanzo ha il successo di vendite sperato e non mancano proposte (rifiutate) di adattamenti cinematografici. Del resto solo due anni più tardi uscirà il film Rimini Rimini, grandissimo successo commerciale che con il romanzo di Tondelli non ha nulla in comune se non il fatto di voler descrivere attraverso le vicende di diversi personaggi l’atmosfera che si respirava nella capitale della villeggiatura balneare.

Non solo scrittore

Contento del successo commerciale, Tondelli sente tuttavia il bisogno di fuggire da Bompiani per pubblicare nel ’86 con una piccola casa editrice bolognese appena nata, Baskerville, la raccolta Biglietti agli amici, con una tiratura di un centinaio di copie: impresa ambiziosa, personale, quasi privata, in cui raccoglie dei brevi racconti, ognuno scritto per un amico preciso citato in dedica. Non solo: Tondelli scrive anche un testo teatrale, pubblicato postumo, e soprattutto, continua con grande impegno la sua vocazione di “scouting”, sia curando delle collane dedicate agli under 25, sia compiendo qualcosa di unico ed eccezionale nel panorama editoriale italiano: leggere gratuitamente gli inediti che gli mandano giovani aspiranti lettori. Piergiorgio Paterlini, curatore e ideatore del programma di eventi dedicati a Tondelli, precisa che «non si trattava di “scouting”, cioè di un mestiere, nemmeno del lavoro di consulente editoriale, né quello di editor in senso stretto. Si trattava – puramente e semplicemente – di generosità, di mancanza assoluta di “invidia” verso chi avrebbe potuto rubargli spazio e visibilità, di curiosità, ancora una volta. Un atteggiamento privo di ogni paternalismo, più da fratello che da padre. Forse Tondelli è stato unico in questo più che in ogni altro aspetto del suo essere grande scrittore».

La maturità artistica

Dopo essersi trasferito a Milano, “la città della fantasia, della libertà, del desiderio” e aver compiuto incessanti viaggi a Parigi, Amsterdam, Berlino, Bruxelles che lui considera terre di libertà da contrapporre alla conservatrice Italia del piccolo borgo natio, Tondelli ha un bagaglio di esperienze non indifferente e decide di metterle su carta. Il risultato è Camere separate, dove lo scrittore, che ha da poco superato i trenta, sente il dovere di fare i conti con sé stesso, conciliarsi con il passato, accettarsi finalmente per quello che è, perfino riavvicinarsi alla religione cattolica. Quello che i lettori e i critici ancora non sanno, ma che lui già intuisce, è che il suo cammino sta volgendo prematuramente a termine. Dunque per questo romanzo possiamo veramente scomodare il termine “testamento”, così abusato per le opere ultime o postume. Se Rimini è il romanzo con cui dimostra (forse più a sé stesso) di essere diventato adulto, con Camere separate vuole rivelarsi maturo e ci riesce. Grazie poi all’ammirazione e alla popolarità guadagnate tra gli aspiranti scrittori con il suo impegno come scopritore di talenti, il romanzo è accolto con grande interesse dal pubblico giovane. Per quanto riguarda lo stile, si osserva che quello sincopato, sospeso e aggressivo degli esordi è sostituito da una prosa più sicura e minimalista che a tratti sfiora il lirismo. Ancora una volta parte della critica vede in questa direzione una standardizzazione e la conseguente perdita di originalità linguistica e stilistica, ma la maggior parte della stampa loda il romanzo e apprezza il modo in cui l’autore scava nel proprio intimo offrendo una sorta di autobiografia senza censure eppure allo stesso tempo pudica, controllata, a tratti perfino lirica e aulica. Camere separate infatti si snoda tra presente e passato, per assimilazioni di ricordi, pensieri ed emozioni, a volte logici (il ritorno al borgo natio è un’occasione per pensare alla sua infanzia e descrivere la popolazione locale), a volte per associazione di idee e perciò più sorprendente (l’ingresso in sala operatoria ricorda al narratore un incontro sessuale estremo). E poi c’è una grande storia d’amore a distanza (da qui il titolo) e quando qualche giornalista gli domanda se non teme di diventare prevedibile e ripetitivo nel parlare di relazioni omosessuali, Tondelli risponde che nessuno chiederebbe a uno scrittore perché racconta sempre storie di amori eterosessuali. “La mia è una storia d’amore e di distacco, niente più. Davanti all’amore e alla morte siamo tutti uguali”.

E la morte è l’altro tema fondamentale di Camere separate: aleggia ovunque, non solo per il lutto traumatico al centro del romanzo. La morte è nel chiacchiericcio delle donne del suo paese, nella processione della Via Crucis, nella minaccia dell’Aids, ma anche nell’invecchiamento precoce che il narratore osserva in sé stesso nella prima pagina del romanzo:

«La sua faccia, quella che gli altri riconoscevano da anni come “lui” – e che a lui invece appariva ogni giorno più strana, poiché l’immagine che conservava del proprio volto era sempre e immortalmente quella del sé giovane e del sé ragazzo – una volta di più gli parve strana. Continuava a pensarsi e a vedersi come l’innocente, come colui che è incapace di fare del male e di sbagliare, ma l’immagine che vedeva contro quello sfondo acceso era semplicemente il viso di una persona non più tanto giovane, con pochi capelli fini in testa, gli occhi gonfi, le labbra turgide e un po’ cascanti, la pelle degli zigomi screziata di capillari come le guance cupree del padre».

La rilevanza di Camere separate

Il finale, in cui immagina la propria morte come unica consolazione, quasi novello Foscolo in esilio non politico ma sentimentale, è stato molto criticato dalla stampa ignara del fatto che nell’arco di due anni lo scrittore si sarebbe spento. Tondelli infatti sente l’avvicinarsi della “sera”: pensa a un’opera monumentale che riassuma il suo lavoro di giornalista (Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni Ottanta, 1990 e L’abbandono. Racconti dagli anni Ottanta, 1991) e da Milano si trasferisce a Bologna, come per riavvicinarsi alla terra d’origine. L’ultimo suo trasferimento sarà infatti nella natia Correggio, in seno alla famiglia e alla religione cattolica. Camere separate anticipa e racconta la sua riconciliazione con il passato e le proprie origini. Più difficile sembra invece accettare la propria condizione di scrittore:

«I suoi compagni d’università si sono per la maggior parte sposati, hanno figli, una casa, una professione più o meno ben retribuita. Quando li incontra (…) li vede sempre più distanti da sé. Immersi in problemi che non sono i suoi.(…). Svolge una professione artistica che anche i suoi cosiddetti colleghi svolgono ognuno in un modo differente. Anche questo accresce la sua diversità. (…) Ma soprattutto non ha un compagno, è scapolo, è solo».

A renderlo dunque diverso sono la sua condizione di single e la sua professione, come poi sottolinea molte pagine più in là in righe in cui molto scrittori e aspiranti tali si potrebbero riconoscere:

«(…) si è vergognato perché ha immediatamente capito che se avesse detto “io scrivo, ”, lo avrebbero guardato come un pazzo, o , nella migliore delle ipotesi, come un morto di fame. E la sua diversità, la sua distanza dagli altri, gli sarebbe apparsa ancora più incolmabile. E allora ha sempre tergiversato, si è inventato delle professioni rispettabili e socialmente accettate, mai quelle dello scrittore, quella di un perditempo, di una persona inutile».

Per questo si può dire che Pier Vittorio Tondelli è uno scrittore per scrittori: perché loro, ancor più dei lettori possono imparare da lui molte lezioni: il coraggio con cui sfidò il codice del linguaggio e la morale comune, nonché la devozione con cui si dedicava alla scoperta di nuovi talenti.

Il volume di Camere separate e il centro storico di Correggio

Il lascito di Tondelli


L’editore e strutturalista francese François Wahl diceva che il miglior personaggio dei suoi libri era il linguaggio: sicuramente era il filo conduttore di quell’opera, Altri libertini, che è ancora oggi un punto di riferimento per molti scrittori ma anche per lettori in cerca di storie forti. Per gli altri, resta un libro davanti al quale storcere il naso, aggrottare la fronte e spalancare la bocca. Metterà invece d’accordo tutti per attualità, emotività e struttura Camere separate, dolorosa autobiografia in cui anche i trentenni di oggi si possono riconoscere e gli scrittori possono ritrovare le proprie insicurezze. Questi due titoli non a caso aprono e concludono non solo la sua carriera, ma anche un decennio, quello degli anni Ottanta, che man mano che si allontana diventa sempre più interessante e studiato. A tal proposito Altri libertini, Camere separate e il più accessibile Rimini, con le loro liste di marchi di bevande, profumi e titoli di canzoni, permettono un vero tuffo sensoriale. E non è vero che Tondelli sia troppo legato agli anni Ottanta per risultare attuale: la sua gioventù ribelle e annoiata della ricca provincia italiana ha trovato poi piena espressione nel rock di Vasco Rossi e Luciano Ligabue con canzoni rimaste nell’immaginario comune. Dunque, se ancora non l’avete fatto, vi consigliamo di riscoprire l’opera e la vita di questo autore che ci ha lasciati troppo presto.

Carlo Crotti

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