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Napoli Città Libro: Attori, registi e videomaker: il glam al Salone del Libro di Napoli

L’elenco degli attori italiani che decidono di consegnare un libro alle stampe s’allunga di anno in anno. Più in generale, è l’insieme degli animali da palcoscenico mutati in scrittori a lievitare, che siano registi, presentatori o personaggi televisivi, ma è l’attore che si trasforma in autore la figura che incuriosisce di più. Perché chi recita ha a che fare – non sempre, ma nove volte su dieci è così – con un testo già bell’e pronto, un copione che gli arriva già rifinito e confezionato e che deve imparare a fare suo; quando è fortunato, trova di fronte a sé un regista che prova ad adattare le battute sull’interprete, ma la sostanza resta quella.

Al contrario, lo scrittore ha l’opportunità e la maledizione di scegliersi da solo le parole da infilare una dopo l’altra, di plasmare la materia del suo discorso a immagine e somiglianza di sé stesso e di nessun altro. La prima edizione del Salone del Libro di Napoli l’ha dimostrato.

Chiara Francini, Mia madre non lo deve sapere e la famiglia che cambia

Chiara Francini al Salone del Libro di Napoli

La combinazione, però, più che incuriosire, a volte, insospettisce. Lo dice Chiara Francini, ospite al Salone del Libro di Napoli con il suo nuovo romanzo, Mia madre non lo deve sapere (Rizzoli), a un anno dal successo di Non parlare con la bocca piena, romanzo d’esordio e migliaia di copie vendute. Da una come lei, che la popolarità se l’è guadagnata grazie al cinema e alla tv, e che per giunta è abituata a ridere e far ridere per professione, non ti aspetti che scriva un libro. Che poi quel libro diventi un bestseller, figuriamoci! Lo dice lei stessa, che la prima cosa da fare, nel suo caso, è riuscire a vincere le iniziali diffidenze, e a giudicare dall’affluenza le ha vinte, eccome.

Sono le 16 di domenica, e a Napoli fa molto caldo, eppure la sala è piena. Chiara Francini comincia a parlare, e capisci il perché: è simpatica per davvero, si prende in giro da sola e intanto parla di cose serissime, come dell’importanza che ha per uno scrittore la scelta della parola giusta, della parola essenziale e mai ridondante, o come della fluidità del concetto di famiglia e della sua adattabilità a nuovi scenari fino a poco tempo fa, probabilmente, impensabili.

Ci pensate, per esempio, a come sarebbe bello poter invecchiare non accanto a un uomo o a una donna che non amiamo più, e con cui non abbiamo più nulla da dire, ma con gli amici di tutta una vita, quelli con cui resti a ridere per ore per qualche sciocchezza che magari avete fatto dieci anni prima?

Napoli vista con gli occhi di un bambino: l’incontro con Fortunato Cerlino

Fortunato Cerlino porta sulle sue spalle un peso altrettanto grande: quello di essere uno dei volti principali di Gomorra – La serie. Al suo fianco Cristina Donadio, altra presenza indimenticabile della serie, per leggere e commentare alcuni passi dall’opera prima del suo collega, Se vuoi vivere felice (Einaudi). Ebbene, volete saperla una cosa?

Ad ascoltarla, pare quasi che ci sia una vena ironica che pulsa nelle pagine di questo libro, e a guardarsi attorno, in sala, l’impressione scompare e lascia il posto alla certezza: è vero, Fortunato Cerlino, il tenebroso boss della camorra Pietro Savastano, fa sorridere tutti. Eppure si parla di periferie, di delinquenza e di vite difficili.

Si parla di Napoli, soprattutto, ma ciò che sorprende maggiormente è altro ancora: quando l’attrice finisce di leggere, ti rendi conto che in fondo tu che sei napoletano, o che del capoluogo campano hai sentito parlare in tutte le salse nei libri, nei film e nei programmi tv, quelle cose lì le hai già viste, sentite, conosciute, ma Cerlino sembra avergli dato una forma e una consistenza con cui non le avevi mai guardate prima.

Cristina Comencini e le sue donne moderne

Titta Fiore dialoga con Cristina Comencini al Salone del Libro di Napoli

Da chi sta davanti alla macchina da presa a chi sta dietro: c’era pure Cristina Comencini al Salone del Libro di Napoli, regista, sceneggiatrice e veterana della scrittura fin dai primi anni Novanta.

Per la sua seconda volta con Einaudi, la Comencini ha presentato il suo Da soli e ha parlato di un mondo in cui tutto, ma proprio tutto, è diventato più veloce, persino amarsi, e in cui alla fine si rimane in compagnia di sé stessi a comprare il cibo in porzioni singole al supermercato. I suoi protagonisti sono due coppie di mezza età, che hanno vissuto più di vent’anni insieme e che, nel momento in cui la storia ha inizio, si trovano alle prese con un nuovo capitolo: quello in cui sono, appunto, soli.

A un certo punto è diventato chiaro che l’autrice non stava più parlando soltanto del suo libro, ma di una condizione assai più ampia, dove le donne di oggi non sono più le donne di ieri, dove possono essere loro a lasciare e non essere per forza quelle che vengono abbandonate, e dove sembra che la cosa più difficile da imparare a questo mondo sia fare i conti con i propri ricordi.

Non solo attori: Giancarlo De Cataldo e Roberto D’Antonio al Salone del Libro

Da un mondo simile – il dietro le quinte, per così dire – e al contempo diverso provengono anche Giancarlo De Cataldo e Roberto D’Antonio. Del primo non ci sarebbe bisogno di dire praticamente nulla, tanto è noto come scrittore, sceneggiatore, per la sua attività sui quotidiani e recentemente anche come regista, ma è specialmente la sua veste di magistrato a venir fuori in questo incontro: De Cataldo è a Napoli per presentare la sua ultima fatica, L’agente del caos (Einaudi), un libro che rovista negli ultimi trent’anni di storia del nostro paese, e a un certo punto non sai più se sta parlando ancora del suo romanzo o di cronaca vera e documentata – e forse è perché, nella sua scrittura, le due cose vanno di pari passo. Capisci soltanto che De Cataldo è in grado di parlare a tutte le generazioni, anche quelle giovanissime, e anche di fatti accaduti decenni fa, e nessuno si annoierebbe mai.

Il Salone del Libro di Napoli

Il crepuscolo delle antenne. Quarant’anni di televisione a Napoli (Guida) è invece il titolo del libro di Roberto D’Antonio, giornalista con esperienza decennale nel campo della tv e della carta stampata, e che quest’esperienza l’ha raccolta appunto nel volume in questione. Per esempio, quando ha offerto in diretta televisiva al presidente della Sogesid un bicchiere di quell’acqua (sporca) che costui dichiarava potabile, o quando la gente correva a casa per assistere alla nuova puntata di Anche i ricchi piangono.

Soprattutto, però, il leitmotiv di questa chiacchierata a tre con Lino D’Angiò e Matteo Cosenza è quanto le tv private abbiano rappresentato, negli anni 80 e 90, un serbatoio da cui prelevare a piene mani per travasare nuove idee nel campo dell’entertainment, della comicità e dell’inchiesta, e quanto oggi, invece, la fiamma dell’ispirazione si sia affievolita. Probabilmente, perché manca la voglia di sperimentare, la capacità di pensare alle emittenti locali come a quelle fucine da cui persino i canali nazionali hanno attinto intuizioni e talenti.

Oltre il libro: comunicare attraverso il web e la tv

Curiosa la presenza dell’attore Alberto Rossi, lui che nella soap Un posto al sole è autore di un romanzo di successo, e che qui, al Salone del libro di Napoli, non è intervenuto per presentare un suo libro, ma per raccontare ai presenti come nasce una puntata della serie in cui lavora da oltre vent’anni.

Da un tipo di narrazione a un altro, insomma, ma scrivere significa anche questo. Significa, cioè, anche incontrarsi ogni giorno per dipanare una sceneggiatura che aumenta di pagine di stagione in stagione. È pur giusto che un evento di questo tipo si apra anche a tavoli e conversazioni sui modi del narrare in senso più ampio – che poi, se ci pensate, anche quello di libro è un concetto piuttosto vasto – perché a volte l’impellenza di raccontare ha lo stesso prurito per uno scrittore, un autore televisivo o, perché no, uno youtuber.

Pensate al fenomeno The Jackal. C’erano Fabio e Gianluca (alias Fru) di venerdì pomeriggio, in una sala affollatissima, soprattutto di giovani e giovanissimi (ma non solo) a parlare di come il mezzo – nel loro caso i filmati sul web – non deva prevaricare sul contenuto. L’hanno fatto con il consueto umorismo e tra un video e l’altro, scelti tra quelli del loro più recente e miglior repertorio, per spiegare che se vuoi raggiungere centinaia di persone devi prima avere qualcosa da dire. Per esempio, persino lamentarsi di una canzone che senti ovunque tu vada per settimane e settimane e che alla fine ti ritrovi a cantare appassionatamente anche tu (vi dice niente?). Non è una norma tanto distante da quelle che si applicano alle forme più tradizionali di comunicazione: per decidere quale sia il veicolo più adatto alla tua capacità d’espressione, prima devi avere ben chiaro qual è il messaggio.

 

Lasciatemi aggiungere una piccola constatazione: la cosa più bella di questo straordinario Salone del Libro di Napoli, se volete saperlo, è che ad ascoltare tutti questi nomi eccellenti del piccolo e grande schermo sono accorsi non una marea di fan e curiosi interessati al personaggio, ma un pubblico di persone attratte dall’autore. Persone che avevano davanti a sé la star della serie made in Italy del momento o una dei più noti registi italiani, e nessuno che abbia fatto una domanda, neanche una, sulla carriera che gli ha consegnato il successo. A fare di questa prima edizione un evento meraviglioso sono stati i lettori, a cui non importava di nient’altro che dei libri.

Andrea Vitale

Andrea Vitale

Andrea Vitale nasce a Napoli nel 1990. Frequenta il liceo classico A. Genovesi, e nel 2016 si laurea in Filologia moderna alla Federico II. Ama la musica e la nobile arte dei telefilm, ma il cinema è la sua vera passione. Qualunque cosa verrà in futuro, spera ci sia un film di mezzo. Magari, in giro per il mondo. Attualmente frequenta un Master in Cinema e Televisione.

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