Ci siamo conosciuti come
in un film francese,
uno di quelli dei sessanta
in bianco e nero e con
una voce fuori campo.
Per caso e sfacciatamente ti dissi:
“qual è il suo nome?”
“Teresa”
“adoro le sue gambe, Teresa”
“hai una sigaretta?”
“ecco a lei”
“perché mi dai del lei?”
“non lo so, fa fico”
“bene, è vero. non crede che spesso ci troviamo
nel posto sbagliato al momento sbagliato?”
“credo che io e lei, Teresa,
ci troviamo nel posto sbagliato al momento giusto.
le piace Shakespeare? “
“lo trovo sopravvalutato, Shakespeare. preferisco Valery”
a lei piaceva passeggiare scalza
nei prati dei parchi,
a me piaceva guardarglielo fare.
a lei piaceva che le leggessi poesie d’amore,
a me piaceva vederla ridere
prendendomi in giro
mentre le leggevo.
bevevamo vino d’annata e correvamo
per strada per il semplice
gusto di farlo.
la gente ci additava come pazzi,
a noi piaceva che la gente
ci additasse come pazzi.
ci baciavamo sulle labbra,
mai in modo volgare,
facevamo l’amore sulle sedie a dondolo.
aspettavamo svegli il mattino
per darci il buongiorno,
e ci spedivamo lettere a una camera di distanza.
Sa, mi piace pensare
che è per colpa di un treno
in ritardo se ci siamo persi,
Teresa,
e che sia stata la guerra
a non averci più fatto fare l’amore,
perché whatsapp,
in un film francese in bianco e nero,
sarebbe stato veramente
poco credibile.
Antonio Cafiero
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