Realismo, così come realtà, vuol dire tutto e niente; come esistono diverse concezioni di realtà così esistono diverse concezioni di realismo.
È una corrente? Una scuola? Un metodo? Numerosi critici si sono impegnati nel corso della storia a risolvere l’enigma spesso cristallizzando in un’etichetta, in un paradigma, un concetto che definire magmatico è poco. Fatto sta che è un problema non arginabile fischiettando con noncuranza e le mani in tasca, troppo maiuscola è la sua P, troppo alta la posta in gioco: il rapporto tra arte e mondo, arte e realtà.
C’è poco da fare, qualunque cosa
Leggendo K.O. a Tel Aviv di Asaf Hanuka la prima cosa che mi chiedo è perché quel sottotitolo, perché quel “Diario di un realista”? In che tipo di realismo può credere un fumettista che facilmente può essere definito surreale, fantastico. Quale tipo di realismo è quello che trasforma una banale seduta da uno psicologo in una lotta tra Hulk e Freud? Le cose, le persone, la città, il mondo sembrano condannate a una perenne metamorfosi, siamo costretti a guardare il mondo attraverso gli occhi e la mente di Asaf.
Un caos di segni e di icone cinematografiche, fumettistiche, letterarie, artistiche, politiche si mettono in movimento per edificare la realtà del nostro realista. Un caos ma non un disordine di immagini, la griglia regolare, il disegno preciso (realistico?) e di facile lettura, i colori, mettono ordine nel groviglio di immagini e parole che formano il piccolo mondo che ci troviamo a sfogliare.
Asaf Hanuka ci offre complessità, ironia e lucidità, merce rare e preziose di questi tempi. Approfittiamone.
Lorenzo Di Paola
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