L’amore come atto estremo di resistenza: “L’amore mio non muore” di Roberto Saviano

Con L’amore mio non muore (Einaudi), Roberto Saviano firma un’opera che si muove con forza tra testimonianza, letteratura e impegno civile. Al centro del romanzo, una figura dimenticata dalla cronaca ufficiale e riscoperta grazie alla forza narrativa dell’autore: Rossella Casini, giovane studentessa fiorentina di psicologia, vittima della ‘ndrangheta e del suo stesso amore, troppo puro per sopravvivere alla brutalità del contesto in cui si era gettata.
Negli anni ’70, Rossella si innamora di Francesco Frisina, giovane calabrese legato a una famiglia della ’ndrangheta. Crede che l’amore possa redimere, portare luce in un mondo governato dal silenzio e dalla violenza. Ma il suo idealismo, anziché salvarla, la conduce inesorabilmente verso una fine tragica.
Il 22 febbraio 1981, Rossella scompare. Il suo corpo non sarà mai ritrovato. Solo in seguito sarà riconosciuta come vittima innocente di mafia.

La forza della narrazione civile

Saviano non si limita a raccontare i fatti. Ricostruisce, ma soprattutto interpreta. La sua scrittura è affilata, essenziale, asciutta come un referto ma carica di empatia, capace di trasformare una vicenda personale in una riflessione universale sul potere distruttivo delle organizzazioni criminali e sull’illusione che il bene, da solo, basti a vincere il male.

Rossella, nel romanzo, non è un’eroina classica. È una ragazza reale, fragile, lucida, disperatamente convinta che restare accanto all’uomo che ama possa significare cambiamento. Ma l’amore, quando si scontra con le regole ferree della mafia, diventa pericoloso. La sua presenza – percepita come una minaccia dalla famiglia Frisina – rompe l’equilibrio del silenzio, dell’omertà. Rossella paga con la vita la sua ostinazione a credere che esista un’altra via.

Saviano ci guida nel cuore di questa tragedia con una prosa che non cerca di consolare, ma di svegliare. Ogni parola sembra pesata, ogni frase costruita per incidere. E ciò che colpisce è la capacità dell’autore di dare profondità psicologica ai personaggi, di restituire le loro paure, le contraddizioni, il bisogno d’amore e di fuga.

Una storia d’amore? O una storia di potere?

L’autore destruttura con maestria la narrazione sentimentale classica: L’amore mio non muore non è un romanzo rosa né un thriller, ma un racconto sull’impossibilità dell’amore in un contesto dominato da logiche di sangue e appartenenza. L’amore, in queste pagine, è al tempo stesso rifugio e condanna. È ciò che spinge Rossella a rimanere, a credere, a rischiare. Ma è anche ciò che la isola, la rende vulnerabile, fino a farla scomparire.

Questa tensione tra amore e potere è forse il nodo centrale dell’opera. Saviano ci mostra un mondo in cui ogni legame è sospetto, ogni parola può diventare pericolosa, ogni gesto ha un prezzo. In questo contesto, l’amore puro di Rossella diventa sovversivo. Non è un sentimento, ma una dichiarazione politica. E per questo deve essere annientato.

Il valore della memoria

L’amore mio non muore è anche un libro sulla memoria. Su ciò che resta delle vittime, quando il clamore mediatico si spegne. Sulla necessità – urgente, irrinunciabile – di raccontare storie come quella di Rossella, affinché non siano sepolte dall’oblio. La letteratura, nelle mani di Saviano, si fa strumento di giustizia tardiva, di risarcimento simbolico, di verità che scavalca l’indifferenza.
Il romanzo invita anche a riflettere sul ruolo dello Stato, sull’inerzia della società civile, sulla responsabilità collettiva nel non aver protetto Rossella, nel non aver dato ascolto alla sua voce. E ci chiede cosa significhi, oggi, scegliere di restare umani in un mondo che spinge verso il cinismo, la rassegnazione, il silenzio.

Un dolore che riguarda tutti

Il dolore raccontato in L’amore mio non muore non appartiene solo alla famiglia Casini. È un dolore che ci riguarda, perché mette in discussione l’idea stessa di giustizia, di verità, di amore come possibilità di salvezza. Saviano ci chiede di pensare a Rossella non come una figura isolata, ma come simbolo di tutte le vittime della violenza mafiosa, troppo spesso senza volto.
Perciò non è facile chiudere questo libro senza sentirsi cambiati. Perché Rossella non è solo un personaggio: è una presenza. Ti costringe a guardare l’amore con occhi nuovi, non più come rifugio sicuro, ma come rischio, come esposizione. E alla fine scatena una rabbia muta per la sua fine, una tenerezza profonda per la sua fede incrollabile, un senso di colpa per averla conosciuta solo ora, attraverso le parole di Saviano.
Questo romanzo è un pugno nello stomaco e una carezza allo stesso tempo. Ci ricorda che raccontare storie è un dovere civile. Che la letteratura non serve solo a intrattenere, ma a rendere giustizia. Che ogni volta che diamo voce a chi l’ha persa, compiamo un atto politico. E che, come scrive Saviano:

L’amore vero è quello che non muore mai, anche quando tutto il resto prova a seppellirlo.

Anna Chiara Stellato

Giovane napoletana laureata in lettere, da sempre innamorata della sua città, del dialetto e della storia di Napoli. Lettrice compulsiva, appassionata di cinema d’autore e di serie tv. Sorrido spesso, parlo poco e non amo chi urla.

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