Panna acida – Carola Baudo

Negli sprazzi furiosi di abbuffate a malapena respira; ingoia gli avanzi della cena fredda in frigo, poi un tubetto di maionese, cinque biscotti al cioccolato, una confezione di merendine glassate, mezzo litro di latte, tre polpette, pane in cassetta ricoperto di burro d’arachidi e marmellata, due bibite gassate, un etto di prosciutto cotto arrosto.
Un rutto lacera il silenzio della cucina semibuia. Si alza dalla sedia di vimini prima che il getto risalga dallo stomaco. Sbatte la porta del bagno alle sue spalle e rovescia in un colpo le ultime cibarie ingurgitate nel gabinetto. Pulisce la bocca con il braccio destro e si abbandona sulle piastrelle fredde di marmo. Si rialza adagio, per evitare giramenti. Sciacqua rapida il viso sotto l’acqua, sfrega bene le guance, due mezze mele rosse. Il petto si muove ritmico, oscilla come il cuore che sottopelle pompa sangue veloce. Preme ripetitivamente le mani sopra le orecchie per non sentire. Barcolla in direzione della camera e sprofonda sul letto. Digita un messaggio, i polpastrelli grossi come salsicciotti: vienimi a prendere.
E il mostro arriva a leccarle le lacrime calde fra le fossette, a rimpinzarla più che può del suo sperma. Le agita i rotoli di carne come briglie, affonda rapido fra le cosce di burro, la graffia sul collo con la barba ispida, gli occhiali spessi e opachi scivolano sul naso a ogni colpo, il fiato di sigaretta le fa girare la testa. Ha le mani nodose che la fanno venire bene, premono i punti giusti, tre dita dentro e il pollice fuori fino a farla esplodere. Appena finito, la costringe a leccarglielo. È un cono gelato, gusto panna acida. Il getto arriva caldo, dritto nella giugulare. Sì, panna acida.
Lo caccia via, si riveste in fretta, un prendisole giallo acceso e infradito di plastica. Afferra il portamonete, apre la porta e si rifugia nel fresco dell’ascensore. L’alito di vento caldo le si appiccica sulla pelle, due goccioline di sudore le scorrono sulla fronte. Il pakistano del minimarket dirimpetto abbassa il capo a mo’ di saluto. È piuttosto giovane, ha la pelle color caffè e il fisico minuto nascosto da un’ampia camicia pezzata di sudore.
Il reparto surgelati è quello più interessante, così afferra il cestino e vi poggia due cartoni di pizza col salamino piccante, una vaschetta di gelato al pistacchio, delle coppette al croccantino, tre confezioni di fritti in pastella. Alla cassa, prende anche il gel lubrificante alla fragola. Il pakistano scansiona i prodotti, indugia sul seno prosperoso che tremola sotto il vestito di lei. Scatta in direzione della saracinesca, la abbassa per metà poi la trascina nel retrobottega. Piegata a novanta su un tavolino di legno sbilenco, ammira le scatole di cibo confezionato stipate in perfetto ordine dal basso verso l’alto. Eccole lì, le merendine al cioccolato. Annota mentalmente di prenderne quattro confezioni non appena lui avrà finito di giocare col suo grosso fondoschiena. Questa volta non viene. Sistema il prendisole sulle cosce sudate, recupera gli infradito e, con le buste cariche di provviste, attraversa la strada. Il sole è sceso dietro ai fabbricati grigio sporco di periferia.
Nell’oscurità del suo appartamento, va in direzione dell’unica fonte di luce. Il frigorifero è di tipo americano, con due porte che si spalancano e rivelano cassetti e scaffali ricolmi di ingordigie. Sistema la spesa con fare meticoloso, il prosciutto in alto, i formaggi nell’apposito contenitore, di lato il cioccolato sennò si scioglie. Poi si blocca, socchiude gli occhi, scruta alla ricerca dell’errore ma no, tutto tace. Scarta le pizze, le adagia sulla placca da forno e aziona il timer. Venti minuti. Torna sui suoi passi, apre di nuovo il frigo e afferra l’unica zucchina superstite sul fondo del cassetto trasparente. La sciacqua con cura sotto il getto dell’acqua tiepida poi afferra il lubrificante alla fragola e si lascia cadere sul divano sgangherato rivestito in feltro. Solleva le grandi cosce, ricopre la zucchina con una noce di gel e la infila dentro. Il contatto fresco e rigido fa subito contrarre le pareti della vagina. Ruota appena, si dimena, scopa col cibo, lo sguardo fisso verso le pizze in forno e viene.
Con le mani ancora pregne del suo sapore, afferra una busta di patatine alla paprika, il formaggio caprino, stappa una birra ghiacciata che ingoia veloce. Il ding del timer la desta per un attimo dal torpore, afferra le due pizze col salamino e le schiaffa su un piatto da portata. Le spezza grossolanamente a metà, lasciando che la mozzarella rovente fili. Chiude gli occhi, è un altro orgasmo quello. Aggredisce vorace anche i bordi bruciacchiati, poi spalanca il freezer. Col cucchiaio, divora il gelato al pistacchio, due merendine al cioccolato e mezzo barattolo di crema alle nocciole.
Trascina lenta i piedi in camera da letto, toglie il prendisole e la biancheria. Rimane lei, nuda come una mongolfiera, di fronte all’unico specchio della stanza. Adesso bruciano gli occhi, il respiro si accorcia alla vista immonda del suo corpo bucherellato dagli inestetismi, dagli strati morbidi che la avvolgono. Tremano le cosce, le braccia, la pancia. Corre a vomitare.


Carola Baudo, classe 1989, è scrittrice, editor e copywriter. Ha iniziato da giovanissima a
scrivere per alcuni blog letterari e nel 2016 ha pubblicato il suo primo romanzo, Zaira,
ristampato nel 2023 da Jolly Roger Edizioni. Dal 2012, parla di libri e scrittura sul canale IG
@arslibrorum, grazie al quale ha allacciato numerose collaborazioni. Nel 2021, ha ideato e
realizzato Le Muse Letterarie, un blog dedicato alla letteratura, cultura e arte.


L’illustrazione è di Francesco Andriano.

Serena Nadal

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Serena Nadal

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