Nel bene e nel male, non c’è dubbio che Amadeus sia uno dei personaggi più discussi dell’anno: prima per il trionfo di Sanremo, che ha portato ad ascolti da record, poi per il bis con Affari tuoi, la decisione di lasciare la Rai, l’approdo sul Nove e infine le critiche che ne sono seguite. C’è chi lo rimprovera di aver osato troppo, chi lo accusa di ingratitudine verso l’azienda in cui ha conquistato popolarità, di aver inseguito i soldi, insomma, in questi giorni ognuno sulla rete ha una parolina (cattiva) per lui. L’attuale andazzo della sua carriera, però, dovrebbe farci riflettere, in quanto esemplificativo dello stato in cui versa la televisione italiana. Che, ancora una volta, si conferma per quella che è: un tv non adatta ai giovani.
Prendiamo Fabio Fazio: il suo ritorno in questa nuova stagione televisiva è stato segnato dal 9% circa di share, una cifra grossomodo analoga alla scorsa edizione, ma anche a quanto faceva sulla Rai. Insomma, il trasferimento da una rete all’altra non ha comportato nessuna perdita di pubblico. E questo perché Fazio e il suo programma rappresentano un unicum nel panorama italiano: vedi il suo volto, il suo salotto, la sua scrivania e sai già che tipo di show e di ospiti aspettarti. Soprattutto, sai già che li troverai solo lì. Fabio Fazio appartiene allo strettissimo drappello di conduttori che hanno trovato uno spazio da riempire e se lo sono cucito addosso. Insomma, ha una sua identità. Come lui ce ne sono pochi: potremmo citare Maria De Filippi, su tutti, e poi Antonella Clerici, Diego Bianchi, Paolo Bonolis, Fiorello. Ma non il nostro caro Amadeus, lui che negli anni ha avuto il merito di innalzare lo share di Rai 1 a livelli invidiabili, senza però inventare niente: Affari tuoi era nato proprio con Bonolis, I soliti ignoti con Fabrizio Frizzi e, beh, Sanremo c’era ancora prima che Amadeus iniziasse a parlare.
Ora, potremmo stare qui a discutere per ore delle ragioni per cui il suo vecchio pubblico resti sintonizzato su Rai 1 (lo ha capito anche lui, come mostrano quei video apparsi online in cui indica quale tasto del telecomando pigiare), ma non è di questo che vorrei parlare. Dicevamo, il nuovo corso professionale del presentatore è l’emblema di quello che accade ormai da un po’ nella tv italiana. Se è vero che Amadeus non s’era inventato niente prima, approdando alla guida di programmi già esistenti, non lo ha fatto neanche adesso. Adesso, che ne avrebbe avuto l’occasione, e che il momento era senz’altro propizio. Allora sì che il pubblico lo avrebbe seguito, o magari ne avrebbe attratto di nuovo, tra le schiere dei curiosi e degli insoddisfatti dell’offerta esistente; invece ha preferito ripetere un format già visto e stravisto (La Corrida) e mettere in piedi uno show musicale che sarà pure bello, per carità, ma non è tanto diverso da tutti quelli che già conoscevamo.
Dunque, niente di nuovo sotto il sole, per lui come per noi. Perché noi, in fondo, ci siamo abituati a una tv che ormai è sempre la stessa da vent’anni e più, dove nessuno innova, nessuno osa e nessuno crea. Tutto quello che va in onda oggigiorno esiste da più anni di quanti ne possiate ricordare: Amici, L’eredità, Tale e quale show, Ciao Darwin, Striscia la notizia, Ballando con le stelle, Grande Fratello, L’isola dei famosi, e chi più ne ha più ne metta. Difficile trovare qualcosa che all’anagrafe non abbia una cifra tonda. Ancora di più lo è trovare volti giovani e voci nuove. Noi trentenni di oggi continuiamo a seguire quei programmi che già ci accompagnavano nell’adolescenza (c’è chi resta a casa il sabato sera per non perdersi C’è posta per te), ma cosa guardano le nuove generazioni? Che cosa, e soprattutto chi, parla a loro?
Quando ero piccolo io, per esempio – fa ancora effetto dire certe cose – c’era una giovane Ilary Blasi, una giovane Ambra Angiolini, un giovane Daniele Bossari, pure un giovane Alessandro Cattelan. Oggi non c’è nessuno che abbia preso il loro posto. E non solo: c’era MTV, che era un’emittente a carattere spiccatamente generazionale, rivolta a chi era negli anni dell’adolescenza o poco più. C’era All Music, che ne seguiva le orme. C’erano stati Non è la Rai, Generazione X, e più in generale una impronta fresca e dinamica che aveva portato all’ideazione di programmi comici, musicali o di semplice cicaleccio, anche in fascia pomeridiana o in seconda serata: ricordate Top of the Pops, Lucignolo o Mai dire Gol?
Poi sono arrivati internet e i social network, e hanno stravolto tutto, rendendo di fatto molte idee obsolete. Probabilmente, nessuno accenderebbe più la tv aspettando un videoclip che potrebbe vedere in qualsiasi momento su YouTube. Eppure era quello il momento di diventare più competitivi, di cercare altri linguaggi, di scovare i nuovi cantori della sensibilità contemporanea. Era il momento in cui fare largo ai prossimi Alvin, Alessia Marcuzzi, Marco Maccarini e Carolina Di Domenico. Non è un problema soltanto italiano: anche nel resto del mondo i giovani sono più avvezzi al cellulare che a guardare la tv in diretta, e i talk show sono condotti da uomini sempre più vecchi, ma almeno quei paesi sono fucine di idee, in America c’è la Fox, e da qualche parte esiste ancora MTV.
Noi invece non facciamo che ripetere sempre e ancora la stessa tiritera, complimentandoci con noi stessi quando lo share vola alto, come se il pubblico avesse una reale alternativa. Senza investimenti sul futuro, senza preoccuparci di cosa accadrà quando quel pubblico, in buona parte costituito dagli over sessanta, non ci sarà più. Ed è quel che ha fatto anche il nostro Amadeus, stiracchiando delle formule già consolidate: ma per quanto, ancora?
Andrea Vitale
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