Chi ancora persevera nel volersi definire essere umano, una sola cosa dovrebbe (preferibilmente) evitare di desiderare: la perfezione.
La ricerca della perfezione – qui intesa come conoscenza estrema – è il tema trattato nell’ultimo episodio, dal titolo Zima Blue, presente nella prima stagione di Love Death + Robots. Questa serie tv è tra i maggiori successi targati Netflix (altri esempi li trovate qui e qui), arrivata alla terza stagione senza aver mostrato cali nella narrativa degli episodi: e Zima Blue, ispirato al racconto di Alastair Reynolds, rimane il punto più alto, a livello filosofico, dell’intera produzione.
La prima immagine del cortometraggio mostra uno schermo blu: da lì apparirà una giornalista, ovvero colei che di fatto racconterà gli eventi, intenta a raggiungere un isolotto per intervistare Zima, il famoso artista che da circa un secolo non rilasciava interviste in pubblico e che presto avrebbe mostrato al mondo la sua ultima opera.
Qui parte la ricostruzione dei vari eventi principali nella storia dell’artista: la prima fase dei ritratti, seguita dal disinteresse verso le forme umane e dalla creazione di murali sempre più voluminosi e con soggetti dei pianeti o comunque parti del cosmo.
L’artista inizia a scalare le vette del successo, ma come prima per i ritratti ben presto la consapevolezza di non aver trovato risposte alla sua arte lo porta a inserire un minuscolo punto blu al centro delle sue opere gigantesche.
Un puntino destinato a variare sia nelle forme geometriche sia nelle dimensioni, via via in crescendo fino a quello che i critici andranno a definire come “Il periodo blu”, quando le creazioni mostreranno una sola immensa tela monocromatica.
A quel periodo seguì un ulteriore passo in avanti dell’artista: dipingere direttamente il cosmo – di blu, s’intende – per carpirne i segreti più reconditi. E per riuscire a sopravvivere in ambienti estremi e connettersi con la Verità raccontata dall’universo, Zima sfidò la morale, divenne altro. O meglio: oltre.
La giornalista si incontra quindi con l’artista, scoprendo che oramai ogni parte del corpo è stata trasformata più e più volte, a seconda del pianeta o della galassia che l’artista desiderava “imparare”: gli occhi possono vedere ogni colore, la pelle sostituita da polimeri pressurizzati, non necessita più ossigeno…
Zima è la sintesi tanto cara alla cybercultura, un ibrido oramai inconsapevole delle proprie origini: all’esclamazione della giornalista «Ma lei è un uomo con pezzi di macchina, non una macchina che pensa di essere un uomo», l’unica risposta di Zima non poteva che essere «A volte è difficile anche per me comprendere quello che sono diventato. Ed è ancora più difficile ricordare quello che ero un tempo».
Cos’ha scoperto Zima, dopo aver esplorato l’intero universo?
Due cose, essenzialmente.
La prima è aver ricordato le sue origini, ovvero di essere stato progettato come un semplice robot addetto alla pulizia della piscina, e da lì aver subito innumerevoli aggiornamenti che lo hanno portato a essere un inconsapevole umano senziente.
La seconda è che per quanto si sforzasse con l’arte, il cosmo stava già raccontando la propria storia.
Negli anni, da pulitore di piscina si è evoluto con innumerevoli altri ruoli e abilità, ma tutte le sue fasi creative e ogni sua scoperta cosmica non è mai riuscita ad appagarlo interamente, a dargli quella sensazione paragonabile alla felicità. La lezione di Zima risiede nel raccontarci come abbia sempre cercato la propria origine, a come abbia trasmutato ogni quadro in essenza cosmica fino a scoprire che il suo obiettivo non risiede nella perfezione assoluta o nello scoprire ogni segreto dell’universo, ma nel raggiungere il suo scopo dimenticato di “bambino”.
Conoscere tutto – o troppo – lo aveva portato a uno stato di noia/apatia, quando ciò che contava per realizzarsi era un solo, primitivo gesto, realizzato con cura e amore: pulire le piastrelle della piscina. Piastrelle color Zima Blu.
L’artista è pronto a mostrare al mondo la sua ultima opera: gli spettatori vedranno quindi una piscina – sì, quella piscina dove Zima iniziò a vivere – e soprattutto vedranno l’artista nuotare, lasciando parti di sé dopo ogni bracciata, fino a ritornare nella sua forma originale.
L’arte ha raggiunto il suo scopo, tanto da portarlo a dissolversi nella piscina dopo aver esplorato l’intero universo.
Ora è ritornato finalmente un piccolo robot dotato di spazzola per pulire, una a una, le piastrelle della piscina. Gli spettatori inorriditi neppure si accorgeranno dell’ultimo messaggio dell’artista: nella vita è impensabile raggiungere la perfezione o la conoscenza assoluta, ma poco importa. Ciò che conta è comprendere la nostra unicità, la nostra passione. Eseguire un singolo gesto, impregnarlo d’amore.
E questo è Zima Blue.
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Luca Pegoraro
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