Simone Innocenti: Vani d’ombra

Ritorna nelle librerie Simone Innocenti. Vi avevamo già parlato di lui per la sua opera prima Puntazza (L’Erudita  editore) e  poi con la sua seconda affascinante opera  Firenze Mare (Guido Perrone Editore) una guida turistico-letteraria che mostra la Firenze dei fiorentini, quella un po’ scura e contraddittoria, scostante e accogliente allo stesso tempo come tutte le città di mare.

La storia

Simone Innocenti torna a farci compagnia mettendosi nuovamente alla prova, questa volta ha scelto come nuova struttura letteraria di cimentarsi con un romanzo Vani d’ombra (Voland Editore).

Michele Maestri, i suoi tredici anni e la lunga e interminabile estate in un paesino toscano, tutto ha inizio così.  Ricevuto in dono un binocolo Michele inizia a osservare il mondo che lo circonda dalle piccole alle grandi cose, più guarda più vuole vedere, autoalimenta così la sua curiosità che però lo porterà a scoperte non sempre piacevoli.

Nascosto tra le fronde di un albero scopre che la colf del notaio, che fino ad allora gli era parsa una donna comune,  tutti i pomeriggi incontra degli uomini, ogni giorno uno diverso; Michele si diverte a seguire questo spettacolo, fino a quando un giorno il posto riservatogli sarà in prima fila e la scoperta che farà non sarà affatto piacevole.

Rinchiuso nell’armadio di quella stanza al buio, costretto a sentire e questa volta costretto anche a vedere, si ritrova ad assistere a  una scena che non avrebbe mai immaginato e che segnerà per sempre la sua vita. Da questo momento Michele non è più un semplice ragazzino ma si ritrova a fare i conti con la verità, quella ingiusta, quella che devi affrontare da solo.  Da quell’ episodio, che non lo vedrà solo spettatore passivo, inizia il reticolo angosciante di riflessi e riflessioni con cui il protagonista farà sempre i conti, diviso tra senso di colpa e di inadeguatezza.

L’ombra per Michele

Demoni mai assopiti, i suoi, si riverberano nel bianco, in quel colore indice di purezza e leggiadria, di innocenza e freschezza per gli altri ma non per Michele. Il bianco che gli stava attorno quando era rinchiuso nell’armadio, diventerà il simbolo del suo dolore, del suo trauma. Bianco di angoscia, di paura, di violenza, di un conto da pagare e che prima o poi verrà servito. Bianco di ossessione, come ossessionante è anche il desiderio di vedere che diventa così per Michele un lavoro.

Michele Maestri ormai trentenne fa di lavoro l’occhialaio. Per puro caso, o forse per destino, impara grazie alle lezioni di un vecchio ottico  a “forgiare lo sguardo giusto, calcolare le distanze perfette, investigare nelle diottrie altrui il mistero del vedere davvero.”  Michele era molto dedito al suo lavoro, molto aveva imparato da quell’ottico e molto aveva sperimentato da solo, 

Fare un paio di occhiali è come fare un ritratto perché le lenti  sono il filtro col quale il tuo cliente vedrà quanto lo circonda, ogni cliente è un quadro, un pezzo d’autore[…] gli occhiali sono una cornice, sono come ti proponi agli altri, come ti lanci verso il mondo, gli occhiali sono il trampolino[…]

Quello non era solo un lavoro per Michele, la sua ossessione, quel gioco di quando era piccolo era diventato ora una missione; aveva avuto da piccolo il desiderio di vedere, l’intuito che tutto è nascosto e che con una buona lente il mondo si può rivelare (a volte anche peggiore di quanto sembri) e aveva deciso di far diventare quel desiderio di vista la sua vita. Donava la vista in pezzi unici ai suoi clienti. Quasi con una vaga carezza a Dippold l’ottico di Spoon River, Innocenti crea questo personaggio dedito alla creazione di lenti che a quanto pare non si limitano a risolvere i problemi di vista, ma riescono addirittura a modificare la realtà.

Provate questa lente.
Abissi d’aria.
Ottima! E adesso?
Luce, soltanto luce che trasforma il mondo in un giocattolo.
Benissimo, faremo gli occhiali così.

Non sono solo i suoi clienti a dover pagare un conto, a volte anche molto salato, ma anche Michele ha i suoi conti, i suoi scheletri; quei demoni che gli fanno visita ogni volta tenti di uscire da se stesso  e di instaurare rapporti santi, sereni con chi incontra. Del conto che si ripresenta puntuale ogni volta che Michele cerca di uscire da se stesso per guardarsi dentro o per instaurare rapporti sani con chi incontra. L’essere onesti e sinceri con se stessi e con gli altri, soprattutto con La Persona che hai scelto non sempre porta ai risultati che si sperano.

Le emozioni

In  una escalation di torbide emozioni Simone Innocenti dà voce, luce e corpo alle paure più recondite, ai desideri nascosti. Con la sua cifra caratteristica che scandisce il ritmo del racconto, il respiro del lettore e del protagonista si fondono in una continua discesa agli inferi, verso quei demoni perennemente repressi che Michele si porta dentro. 

La crescita e la maturazione di Michele, sono i passaggi generali del romanzo che si sviluppano grazie a due elementi di forza dell’autore: la trama, fatta di piccoli e inattesi colpi di scena, capaci di ribaltare sempre la situazione, la percezione di sé, l’andamento della storia, il percorso che inevitabilmente il lettore stabilisce di affrontare insieme a Michele; e la lingua che Simone innocenti usa potente, volutamente meticolosa e precisa in alcuni punti, pungente e sfacciata in altri, eppure sempre fluida, netta e ipnotizzante. Ad esempio la presentazione ricorrente del protagonista “Michele Maestri di anni tredici…” declinata poi nelle varie età è un refrain forte ridondante che fa da ritmo e scansione nei vari stadi della storia/vita di Michele.

 Solo alla fine è dato il senso del binocolo, oggetto con cui la vicenda prende avvio. Era attraverso il binocolo e attraverso le lenti poi che Michele cercava di porre la giusta distanza  tra se e il mondo, le persone, gli affetti, ma la realtà è imprevedibile, tutto sconfina, tutto può prendere una strada che non aspettavi.

Il bianco, il binocolo, l’angoscia, il tormento, la colpa, i delitti, i desideri concetti centrali e ricorrenti nel romanzo ci permettono di definirlo un romanzo di formazione, un cammino verso se stessi. È un testo denso e pungente sulla fragilità che non è solo dell’adolescenza ma che ci accomuna, uomini e donne portatori di ferite accumulate in questa vita e determinati in età adulta.

Per Simone Innocenti non  potremmo parlare di vero e proprio esordio, aveva già dato prova delle sue capacità autoriali, ora misuratosi con la forma romanzo emerge sempre più come autore capace di sorprendere il pubblico, di coinvolgere il lettore portandolo a continue riflessioni, mettendo in discussione punti di vista e valori  ereditati più che incarnati.

Anna Chiara Stellato

Giovane napoletana laureata in lettere, da sempre innamorata della sua città, del dialetto e della storia di Napoli. Lettrice compulsiva, appassionata di cinema d’autore e di serie tv. Sorrido spesso, parlo poco e non amo chi urla.

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